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Dall’ospedale che cura all’ospedale che protegge: il modello Vax Populi per vaccinare i pazienti fragili.
Dall’ospedale che cura all’ospedale che protegge: il modello Vax Populi per vaccinare i pazienti fragili.
In una stanza d’ospedale o in un ambulatorio oncologico, il tempo è scandito da controlli, esami, terapie. Spesso manca il tempo – e lo spazio – per la prevenzione. Eppure, è proprio lì, accanto ai pazienti più fragili, che deve esserci un vaccino che può evitare dolore cronico, infezioni invalidanti e ospedalizzazioni inutili.
È lì che nasce Vax Populi, un progetto nazionale per portare la vaccinazione contro l’Herpes Zoster dentro i percorsi di cura di chi ne ha più bisogno, integrandola nelle routine cliniche e non trattandola come un’opzione accessoria.
Il titolo “Oltre la sindrome di Calimero” richiama quella condizione descritta dallo psicanalista Saverio Tomasella: sentirsi sempre penalizzati o dimenticati, come il celebre pulcino nero. È così che molti pazienti fragili percepiscono la prevenzione: qualcosa che non arriva mai a loro, un diritto negato.
Con Vax Populi l’obiettivo è ribaltare questa percezione, portando il vaccino direttamente nei luoghi di cura e trasformando un senso di esclusione in un’opportunità concreta di protezione.
Vax Populi, progetto di titolarità di GSK, svolto da Nume Plus, coinvolge 10 ospedali italiani da Nord a Sud con servizi di oncologia, reumatologia e immunologia clinica ed ha stimato un bacino di migliaia di pazienti oncologici e cronici che potrebbero beneficiare della vaccinazione.
“Il progetto Vax Populi ha mappato i percorsi intraospedalieri per capire dove e come intercettare i pazienti eleggibili, individuando i momenti chiave in cui proporre la vaccinazione direttamente all’interno degli ospedali o inviando i pazienti a centri vaccinali di prossimità. L’obiettivo è quello di inserire la vaccinazione nei percorsi ospedalieri esistenti, rendendola parte integrante della cura”, spiega Stefano Remiddi, coordinatore scientifico del progetto.
“L’Herpes Zoster, noto anche come Fuoco di Sant’Antonio, - spiega Ivan Gentile, ordinario di malattie infettive preso l’Università degli Studi di Napoli Federico II - è una malattia frequente causata dalla riattivazione del virus della varicella, contratto in età pediatrica. Quando si riattiva in età adulta provoca dolore intenso e bruciante, che può interessare un lato del corpo, il dorso, il viso o l’occhio. Si calcola che almeno un terzo della popolazione lo sviluppi nel corso della vita. Ad esserne colpiti sono soprattutto anziani e soggetti immunocompromessi, causando in molti casi nevralgie croniche (PHN), che compromettono in modo duraturo la qualità della vita”.
Nel nostro Paese, il 40,5% della popolazione (oltre 24 milioni di persone) convive con almeno una malattia cronica. Di questi, 12,2 milioni sono multi-cronici. Tra gli over 75, l’85% ha almeno una patologia, il 64,3% ne ha due o più. Eppure, secondo un sondaggio Ipsos Healthcare, quasi il 50% di chi soffre di cronicità non conosce l’Herpes Zoster o ne ha solo una vaga idea.
“I principali fattori di rischio - spiega il professor Gentile - sono l’età, perché il sistema immunitario tende a indebolirsi, e la presenza di malattie croniche come diabete, BPCO, tumori o l’assunzione di farmaci immunosoppressivi. Nei pazienti fragili, un’infezione da Herpes Zoster può comportare ritardi o interruzioni nelle terapie di base, riducendo l’efficacia dei trattamenti stessi”.
La prevenzione diventa quindi fondamentale: il vaccino rappresenta uno strumento sicuro ed efficace, con una protezione superiore al 90% che si mantiene per oltre 10 anni.
“Il vaccino - spiega il professor Gentile - è raccomandato dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2023–2025 per tutti gli over 50, indipendentemente dal rischio individuale, e per i soggetti di 18 anni fragili (oncologici, diabetici, affetti da BPCO, asma, cardiopatie, immunodeficienze, ecc.). Per questi ultimi e per gli over 65 è gratuito. La somministrazione è prevista una sola volta nella vita e può essere effettuata in qualsiasi momento. Si tratta di un vaccino ricombinante, non vivo, che contiene soltanto una proteina del virus: questo significa che non può causare la malattia, neppure nei pazienti immunodepressi. Può essere somministrato in concomitanza con altri vaccini, come quello antinfluenzale o antipneumococcico”.
Nei pazienti oncologici il rischio di Herpes Zoster aumenta per effetto della malattia e dell’immunosoppressione indotta dalle terapie.
“Le complicanze, dalla nevralgia post-erpetica fino alle forme disseminate o oculari, possono tradursi in dolore persistente, ritardi nei cicli e peggioramento della qualità di vita”, dichiara Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom e direttore Oncologia Medica, P.O. Perrino di Brindisi, uno dei centri coinvolti nel progetto Vax Populi.
“Per questo, quando possibile, il vaccino va programmato prima dell’inizio dei trattamenti, ma può essere somministrato se necessario anche tra un ciclo e l’altro valutando timing e stato immunitario. La vaccinazione, inserita in un percorso strutturato, è uno strumento concreto di prevenzione delle interruzioni terapeutiche e delle complicanze evitabili”.
“Il Dipartimento di Prevenzione svolge una funzione strategica nella promozione del benessere e nella tutela della salute individuale e collettiva – dichiara Stefano Termite, Direttore del Dipartimento di Prevenzione della ASL di Brindisi. “È in questa prospettiva che, accanto al reparto di Malattie infettive del P.O. "Perrino" di Brindisi, abbiamo attivato un ambulatorio di prossimità dedicato alla vaccinazione dei soggetti fragili. L’iniziativa, espressione di una programmazione aziendale, si integra con il progetto Vax Populi, contribuendo a rafforzare l’accessibilità e l’efficacia degli interventi rivolti ai pazienti vulnerabili. Integrare le vaccinazioni nei programmi di cura significa non solo ridurre complicanze evitabili, ma anche consolidare il ruolo dell’ospedale come luogo che protegge e accompagna la persona lungo l’intero iter assistenziale”.
Nonostante le evidenze scientifiche sulla necessità e i benefici dell’immunizzazione per i pazienti fragili, la vaccinazione contro l’Herpes Zoster è ancora sottoutilizzata: “Dai primi dati raccolti - spiega Remiddi - emerge che su 16mila pazienti fragili (oncologici, immunocompromessi, diabetici e reumatici), in transito in strutture di ricovero e cura di eccellenza in vari momenti della propria malattia di base, ad oggi solo il 10%-15% viene vaccinato per Herpes Zoster, pur avendone l'indicazione ed il diritto (gratuità). Se consideriamo che in Italia ci sono 500 ospedali pubblici ci rendiamo conto dell’enorme potenziale di pazienti fragili attualmente non coperti da vaccinazione. Il modello Vax Populi che stiamo sperimentando sull’Herpes Zoster potrebbe essere ampliato ad altre strutture ma anche ad altri vaccini trasformando gli ospedali in centri che non solo curano ma generano attivamente salute attraverso la prevenzione”.
“Il valore aggiunto di Vax Populi - commenta il professor Gentile - è l’integrazione: portare la vaccinazione direttamente dentro i percorsi di cura, accanto agli specialisti che già seguono i pazienti cronici e oncologici. Questo rende la raccomandazione più autorevole e l’accesso molto più semplice. I dati emersi fino ad ora, però, ci dicono anche che la strada è lunga: il 90% di pazienti non ancora vaccinati è la conferma che il vaccino è ancora sottoutilizzato, ma anche la prova che abbiamo finalmente strumenti concreti per intercettare questa popolazione. Il progetto Vax Populi fornisce una cornice e regole generali, che ogni ospedale può declinare in base alle proprie caratteristiche organizzative. La prevenzione significa meno ricoveri, meno antibiotici, meno analgesici, quindi meno antibiotico-resistenze e meno dolore. Con un impatto positivo sia per i pazienti, sia per l’intero sistema”.
“Progetti come Vax Populi possono fare la differenza perché trasformano una raccomandazione clinica in pratica quotidiana: definiscono percorsi condivisi tra oncologia, medicina generale e servizi vaccinali; integrano il promemoria vaccinale nel fascicolo del paziente trasformando un momento di fragilità in un’opportunità di prevenzione. Il paziente non deve cercare il vaccino: è il vaccino a raggiungerlo, nel luogo in cui è già seguito”, commenta il professor Cinieri.