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Al termine dell’ultima era glaciale, la Corrente circumpolare profonda è riuscita a risalire il margine nel Mare di Ross, favorendo il ritiro della calotta di ghiaccio.
Al termine dell’ultima era glaciale, la Corrente circumpolare profonda è riuscita a risalire il margine nel Mare di Ross, favorendo il ritiro della calotta di ghiaccio.
L’antica piattaforma di ghiaccio nel Mare di Ross, la più estesa del pianeta, è minacciata dal riscaldamento globale. Non da oggi, ma a partire da circa 18.000 anni fa, al termine dell’ultima era glaciale.
A rivelarlo uno studio internazionale guidato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall’Università Ca’ Foscari Venezia, e svolto in collaborazione con istituzioni scientifiche di Italia, Regno Unito e Germania, quali l’Alfred Wegener Institute (Awi), l’Università di Plymouth, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e l’Università di Trieste.
L’articolo, pubblicato sulla rivista Science Advances, dimostra come le acque calde della Corrente circumpolare profonda raggiunsero la base della piattaforma di ghiaccio nel Mare di Ross, contribuendo in modo decisivo alla sua destabilizzazione e al successivo ritiro.
“Questa è la prima evidenza diretta che la Corrente circumpolare profonda — una corrente marina più calda rispetto alle acque tipiche dell’Antartide, e quindi in grado di fondere il ghiaccio — è riuscita a risalire fino alla base dell’antica piattaforma di ghiaccio galleggiante nel Mare di Ross, contribuendo alla sua rottura all’inizio del riscaldamento post-glaciale”, spiega Chiara Pambianco, prima autrice del paper, dottoranda all’Università Ca’ Foscari Venezia e affiliata al Cnr-Isp.
“Il nostro studio mostra quanto il trasporto di calore oceanico, controllato dalla circolazione atmosferica, sia stato determinante nella destabilizzazione della piattaforma di ghiaccio di Ross”.
Il team di ricerca ha analizzato sedimenti marini prelevati dalla Joides Trough, un’area strategica situata a valle dell’antico punto di ancoraggio della calotta glaciale, nel settore occidentale del Mare di Ross. Combinando biomarcatori organici, microfossili e analisi sedimentologiche, il team è riuscito a ricostruire 40.000 anni di interazioni tra oceano e ghiaccio, identificando l’ingresso della Corrente circumpolare profonda subito dopo il massimo glaciale, ossia il periodo di massima espansione dei ghiacci, circa 20.000 anni fa.
“Abbiamo scoperto che l’intrusione di acque calde in questa area è strettamente collegata a uno spostamento verso sud di venti occidentali ed orientali, che ha permesso alle masse d’acqua profonde di risalire verso la piattaforma continentale, indebolendo la base della piattaforma glaciale e favorendone il collasso”, prosegue Tommaso Tesi, coautore del paper e ricercatore del Cnr-Isp.
“L’antica piattaforma era molto più estesa di quello che appare oggi, arrivando a coprire nel Mare di Ross circa 1000 km in più rispetto alla dimensione attuale. Con questo lavoro offriamo una visione nuova sui processi che hanno governato la perdita di ghiaccio nell’Antartide in passato. Processi che oggi stanno tornando attivi sotto la spinta del cambiamento climatico”.
La piattaforma di ghiaccio nel Mare di Ross è un elemento cruciale per la stabilità delle calotte antartiche perché funge da collegamento tra il ghiaccio marino e quello continentale.
“Questa piattaforma esercita un effetto di sostegno e stabilizzazione delle masse glaciali presenti nell’entroterra. L’intrusione della corrente circumpolare profonda può erodere la base della piattaforma, causandone il ritiro e provocando, di conseguenza, la destabilizzazione del ghiaccio continentale che essa sostiene”, concludono Chiara Pambianco e Tommaso Tesi.
“Il sistema ghiaccio-oceano è quindi altamente interconnesso: variazioni nelle correnti oceaniche possono non solo contribuire alla fusione della piattaforma di ghiaccio di Ross, ma anche determinare la perdita di ghiaccio continentale, causando un potenziale innalzamento del livello del mare di oltre 60 metri. Comprendere le dinamiche che hanno causato in passato la riduzione di questa antica piattaforma è fondamentale per prevedere il comportamento futuro dell’Antartide in risposta al riscaldamento globale e, di conseguenza, per prevedere come potrebbe cambiare il livello del mare”.
La direttrice del Cnr-Isp, Giuliana Panieri sottolinea come “la ricerca ha coinvolto competenze e strumenti di ricerca avanzati in un’indagine multidisciplinare di grande portata, mostrando quanto sia fondamentale la collaborazione internazionale per comprendere i cambiamenti in atto in Antartide, e mettendo in luce il contributo delle nuove generazioni di ricercatori e ricercatrici”.
Lo studio è il risultato di due progetti svolti nelle campagne del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) del 2017 e del 2023 e di una collaborazione tra l’Alfred Wegener Institut (AWI) e il Cnr-Isp (progetto PAIGE). Il PNRA è finanziato dal MUR e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi.