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L’esposizione sarà visitabile fino al 26 maggio 2025 all’Ex Fornace di Milano. Un percorso tra fotografia e installazioni che trasforma il semaforo in simbolo poetico e collettivo.
L’esposizione sarà visitabile fino al 26 maggio 2025 all’Ex Fornace di Milano. Un percorso tra fotografia e installazioni che trasforma il semaforo in simbolo poetico e collettivo.
Boom di ospiti per il vernissage della mostra personale del fotografo milanese Matteo Cervone, “Semafori. Linguaggio Universale” organizzato da Morino Studio, di Laura Morino, nota agenzia di comunicazione e organizzazione di eventi, management, social relations e fashion. L’artista è conosciuto come il “fotografo dei semafori” per la sua capacità di trasformare un dettaglio urbano in elemento poetico. L’esposizione resterà aperta al pubblico, con ingresso libero, fino a lunedì 26 maggio, ospitata presso l’Ex Fornace Alzaia sul Naviglio Pavese 16, a Milano.
La mostra, a cura di Rosanna Accordino con relazione critica di Federico Caloi, è realizzata con il Patrocinio del Comune di Milano – Municipio 6.
Nel centenario del primo semaforo installato in Italia, avvenuto proprio a Milano, il 1 aprile 1925, in uno degli incroci più centrali e trafficati della città, tra piazza Duomo, via Torino e via Orefici, in un contesto urbano ancora poco motorizzato. L’arrivo di questo “marchingegno” generò sorpresa, nervosismo e perfino confusione tra cittadini e i vigili urbani che faticavano a comprenderne il funzionamento. Le prime regole imposte dalla polizia urbana, come camminare solo sui marciapiedi o non usare la retromarcia per cambiare direzione, risultarono rivoluzionarie per i tempi.
Matteo Cervone, con la sua personale, presenta un progetto espositivo che trasforma un oggetto di uso comune in un vero e proprio protagonista di riflessioni artistiche, sociali e umane.
“I semafori - afferma Cervone - cambiano colore in base alle nostre emozioni quando passiamo sotto di loro”. Un linguaggio visivo e universale che, nel suo lavoro, assume valenza poetica e simbolica.
Nel corso della mostra, in un percorso che intreccia arte, storia e tecnologia, il visitatore è invitato a riconsiderare il ruolo del semaforo non solo come strumento di regolazione del traffico, ma come elemento narrativo del paesaggio urbano e dell’identità collettiva.
Il semaforo da simbolo quotidiano diventa metafora dell’umano. Cervone invita a fermarsi, osservare, riflettere come se ci si ritrovassimo con occhi nuovi davanti a un semaforo e scoprissimo per la prima volta i suoi diversi aspetti.
La vera curiosità riguardava i colori: il prototipo milanese prevedeva quattro segnali luminosi: rosso, giallo, verde e bianco. Quest’ultimo, attraverso combinazioni con gli altri colori, regolava il passaggio dei pedoni. La logica dei segnali era complessa: rosso fermava i veicoli, ma non autorizzava i pedoni che potevano attraversare solo con la combinazione rosso-bianco; il giallo indicava via libera per i tram; il verde per auto e motocicli, mentre il giallo-verde dava il via a tutti i veicoli indistintamente. Anche la disposizione dei colori era diversa da quella attuale: il verde stava in alto e il rosso in basso, almeno fino al 1960, anno di riforma del Codice della Strada.
Oggi Milano è regolata da oltre 600 semafori, alcuni dei quali intelligenti, a conferma dell’evoluzione tecnologica e comunicativa di un oggetto che, nato per regolare il traffico, è diventato simbolo del nostro tempo. Le sue luci sono entrate nel linguaggio quotidiano come codice universale di comportamento e di significato.
Il lavoro di Cervone non si limita alla documentazione, ma costruisce una narrazione. L’artista va alla ricerca dei semafori “fuori posto”, di quelli che invadono scorci storici o sembrano vivere di vita propria, figure solitarie che dialogano col contesto urbano come attori in scena. Nascono così i suoi “omini luminosi”: personaggi pop, buffi e malinconici, che ribaltano il punto di vista e raccontano la nostra società osservandola da un palo d’acciaio.
Tra le opere in mostra, torna l’installazione interattiva L’omino rosso sono io, già apprezzata dal pubblico a Paratissima 2024: un’opera che “cambia colore” e invita i visitatori a immedesimarsi nei piccoli omini stilizzati dei semafori diventando essi stessi parte dell’installazione. Accanto a questa una nuova installazione inedita in cui il semaforo assume la forma di un reperto archeologico, innescando una riflessione sul suo futuro: che fine faranno i semafori nel mondo delle auto autonome? Che valore avranno nella società del controllo digitale?
Il percorso espositivo è arricchito da una serie di opere fotografiche e trittici tra cui: States of Mind (trittico), Sunrise, Vite Parallele, Giungla Urbana, I Dream of Rain, Muddy Water, Passioni, Imperturbable e Man In The Mirror (trittico).
Una raccolta che alterna ironia, introspezione e visioni urbane, in pieno stile Cervone.
Matteo Cervone, milanese, è approdato alla visual art dopo una lunga carriera manageriale. Il suo stile unisce fotografia digitale, stampa Fine Art e interventi concettuali, con influenze neo-pop e accenti surrealisti. Le sue opere sono realizzate in tiratura limitata (9 copie + 1 NFT) e stampate su carta Hahnemühle, garantita 200 anni.
Ha esposto in sedi come Palazzo Bocconi a Milano, Alexander Museum Palace a Pesaro, Paratissima a Torino, Trento Art
Festival, YouNique a Lugano, ArteGenova, PaviArt, Hub/Art a Barcellona riscuotendo consenso di pubblico e critica. I suoi lavori sono stati pubblicati su Visual Art Journal, Juliet Art Magazine, Exibart, CAM Catalogo di Arte Moderna, La Stampa, e molti altri.
Per informazioni:
“Semafori. Linguaggio Universale
Ex Fornace Alzaia sul Naviglio Pavese 16, Milano.
La mostra resterà aperta al pubblico con ingresso libero fino a lunedì 26 maggio, con i seguenti orari:
Lunedì – Giovedì: 14.00 – 19.00
Venerdì: 14.00 – 21.00
Sabato – Domenica: 10.00 – 21.00