Eccellenze Italiane. Archivi di Stato. Rosada Pezzo: “Vi racconto quello di Vibo Valentia in Calabria”.

L’Archivio di Stato di Vibo Valentia, in Calabria, è uno degli Archivi più interessanti del Mezzogiorno d’Italia. La sua direttrice oggi lo ha aperto al pubblico :”E’ un immenso patrimonio culturale da far conoscere”.

di Pino Nano
Martedì 12 Novembre 2024
Roma - 12 nov 2024 (Prima Pagina News)

L’Archivio di Stato di Vibo Valentia, in Calabria, è uno degli Archivi più interessanti del Mezzogiorno d’Italia. La sua direttrice oggi lo ha aperto al pubblico :”E’ un immenso patrimonio culturale da far conoscere”.

Alla guida dell’Archivio di Stato di Vibo Valentia, quinta provincia calabrese, c’è oggi Rosada Pezzo, una giovane donna manager con alle spalle una bella cultura giuridica maturata nei tanti processi seguiti in passato, e per lavoro, al Tribunale di Palmi, e che ad un certo punto della sua vita si è ritrovata invece alla guida di uno degli Archivi Storici più importanti di Calabria.  Appena arrivata nel suo nuovo ufficio come Direttrice dell’Archivio di Stato lei si è subito rimboccata le maniche, e la prima cosa che ha deciso di fare è stata proprio quella di aprire le porte dell’Archivio di Stato alla gente comune, e farne una sorta di foyer culturale e sociale della città, promuovendo mostre, dibattiti, incontri culturali di vario genere, l’ultimo dei quali interamente dedicato ai temi dell’emigrazione con ospiti illustri e di grande tradizione antropologica come lo scrittore calabrese Pino Cinquegrana, autore fra l’altro de “Il Sogno Americano”, un lungo viaggio-analisi nel mondo dei calabresi sparsi per il mondo.

Ma allora, ci siamo chiesti- non è vero che gli Archivi di Stato sono “realtà definitivamente morte e chiuse ermeticamente” alla gente comune? Per capirlo meglio siamo andati a cercare la dottoressa Rosada Pezzo.

 -Cosa significa oggi essere la Direttrice di un Archivio di Stato?

“Le dico la verità, fino ad un anno fa non avevo idea di cosa fosse un Archivio di Stato, o dove si trovasse, o cosa custodisse, o quale funzione assolvesse. Ogi invece, a distanza di un anno, le posso dire che dirigere un Archivio di Stato è stata una grande opportunità. Perché questo mi permette ogni giorno che passa di poter portare al di fuori di queste mura dove lavoro, e dunque mettere in cammino, un patrimonio culturale immenso”.

 -Dottoressa, posso chiederle come se lo immagina il futuro dei nostri archivi tra vent'anni? Meno carte è più fotografie, immagino?

“Il futuro dell’Archivio non posso immaginarlo senza la carta, e solo con la fotografia, perché purtroppo verrebbe meno la funzionalità dell’Archivio stesso. Vede, la carta soprattutto, quella della documentazione secolare non può essere assolutamente sostituita dalle riproduzioni fotografiche perché perderemmo un pezzo di storia e come direbbe Cicerone nella sua opera De Oratore di Cicerone «Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis»

-Me lo traduce per favore?

"La storia -dice Cicerone- in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità."

-Quanti progetti ha in itinere qui nel suo Archivio di Stato?

“Attualmente abbiamo in itinere la mostra espositiva di fascicoli tratti dal Fondo del Tribunale di Monteleone-Vibo Valentia, che ha per oggetto i reati commessi contro la Legge Crispi, 30 dicembre 1888 n. 5866, ovvero la Legge che regolamentava il fenomeno emigratorio. Abbiamo inaugurata la mostra durante le Giornate Europee del Patrimonio 2024. Mentre, il 13 ottobre in occasione della Domenica di Carta abbiamo tenuto un evento culturale dal titolo “Ho trovato L’America. Riflessioni storico-culturali e giuridiche sul fenomeno dell’emigrazione”, un incontro importante durante il quale abbiamo trattato l’argomento dell’emigrazione su diversi fronti, quello storico, quello sociale, quello giuridico, e infine quello emotivo”.

-Posso chiederle se è questo il lavoro che sognava di fare?

“Onestamente sognavo di fare il cardiochirurgo, curare gente affetta da gravi patologie cardiache”.

-È andata diversamente mi pare?

“In realtà oggi mi ritrovo a dover “curare” le ferite cagionate in senso metaforico alla cultura, troppo spesso lesa dall’indifferenza e dall’ignoranza.

-Per fare di più cosa le servirebbe?

“Penso che per fare di più servirebbe una maggiore partecipazione delle scuole. Sarebbe fondamentale che i giovani ragazzi e ragazze cogliessero l’occasione di prendere parte ai nostri eventi culturali, perché frequentare un Archivio significa allargare e completare le proprie conoscenze. Bisogna far capire loro che la cultura e lo studio valgono più di mille cellulari e che la vita da vivere non è quella virtuale ma quella relazionale e sociale. L’Archivio, infatti è uno dei tanti luoghi della cultura moderna, un ufficio poco conosciuto soprattutto dai giovani, i quali ahimè sono molto attratti dal mondo parallelo offerto dalla vita virtuale, e poco avvezzi a consultare e divulgare un patrimonio inestimabile quale quello custodito e tutelato negli Archivi di Stato come il nostro”.  

-C’è una manifestazione che sognerebbe di poter realizzare dopo questa prima settimana della cultura dedicata al Patrimonio Europeo?

“Le confesso che le manifestazioni che penso di realizzare saranno molteplici, e avranno sempre come radice la documentazione custodita e tutelata dall’Archivio. Saranno anche contestualizzate e rese maggiormente fruibili da parte di cerchie sociali sempre differenti, in ordine naturalmente al tipo di tematica individuata. Ho già in mente delle mostre e degli eventi culturali che vedranno la partecipazione di relatori esperti e il coinvolgimento diretto delle scuole. È scontato, immagino, il fatto che la finalità prioritaria dell’Archivio non sia solo quella di conservare e tutelare documentazione di importanza storico-culturale, ma anche e soprattutto quella di rendere vivo il patrimonio attraverso la divulgazione e dunque la necessità di portare al di fuori dell’Archivio stesso ciò che in modo statico risulta essere un fascicolo, piuttosto che un libro. Sono queste giornate di studio che rappresentano appunto il tipico esempio di “patrimonio in cammino”, un patrimonio che non sopravvive o giace tra vecchie e umide mura di un seminterrato ma che esce fuori, e appunto si mette in cammino. E tutto questo grazie a quanti, studiosi e intellettuali, si recano o si sono già recati qui in archivio e si sono appassionati alle nostre carte, ai nostri documenti e li hanno divulgati facendo conoscere a tutti la bellezza della cultura vivente”.

-Qual è la cosa più affascinante di un Archivio come il suo?

“Mi creda, non si ha mai la piena contezza di quello che potrebbe trovarsi nei singoli fascicoli conservati. Ogni ricerca, ogni attività di studio, rappresenta anche per noi una scoperta importante. Ed è da quella scoperta che nasce poi l’dea della diffusione e della “messa in cammino” del patrimonio custodito”.

-Cosa conserva di così prezioso questo suo Archivio

“L’Archivio di Stato di Vibo Valentia, conserva e custodisce soprattutto importanti fondi documentari raccolti nel corso degli anni. Penso al “Fondo Stato Civile” (1861-1951), che raccoglie la documentazione relativa agli atti di nascita, atti di cittadinanza, pubblicazioni di matrimonio, atti di matrimonio ed atti di morte dei 50 comuni della provincia. Ma penso anche al “Fondo Archivi Notarili”, che raccoglie atti e testamenti di oltre 350 notai appartenenti al distretto di Monteleone, per un ventaglio d’anni che va da fine ‘500 a fine ‘800”.

-Non immaginavo tutto questo materiale storico…

“Ma c’è molto altro qui da noi. C’è un “Fondo Ufficio del Registro/Agenzia delle Entrate”, dal 1862 al 1997, che raccoglie la documentazione relativa agli atti pubblici, alle denunce di successione ed alle dichiarazioni di successione dei comuni di Mileto, Nicotera, Pizzo Calabro, Serra S. Bruno, Soriano Calabro, Tropea e Monteleone - Vibo Valentia. Ma ci sono anche custodite alcune pergamene riguardanti atti privati e pubblici, in particolare nomine a cariche prestigiose, documenti storici tutti redatti tra il XVI e il XVIII secolo ed alcune nomine riconducibili alle famiglie Buccarelli e Marzano risalenti al XVIII e XIX secolo. Veramente una chicca da non sottovalutare. Ma qui da noi conserviamo anche il Fondo di una Biblioteca composto da “Settore Italia e Settore Periodici ed un Fondo Riviste che vale la pena di conoscere, e lo dico soprattutto per il suo mondo, quello del giornalismo e della comunicazione”.

-Quanto pesa sulla sua vita familiare tutto questo suo lavoro?

“Le assicuro che il lavoro non pesa mai molto sulla mia vita personale e familiare, perché come tutte le cose fatte con amore e responsabilità non generano mai gravami e interferenze nella vita fuori dal lavoro. E poi noi donne come dico spesso siamo multitasking, abbiamo grandi capacità di gestione tanto nella vita lavorativa tanto in quella familiare”.

-Lei ha alle spalle una bella esperienza giuridica, posso dirlo?

“Quello che le posso dire io è che il mio primo incarico ufficiale è stato al Tribunale di Palmi, al servizio della giustizia. Ho vinto un concorso come funzionario UPP, è il famoso ufficio per il processo. Le dico anche che a Palmi ho lasciato il cuore, ho conosciuto gente straordinaria, la Presidente Epifanio che ricordo con molta stima e affetto, la Presidente Bandiera oltre ai magistrati e ai colleghi che mi hanno fatto sentire a casa. Una piccola grande famiglia è quella che ho trovato al Tribunale di Palmi.

-Che lavoro faceva?

“Il mio lavoro era fianco a fianco ai magistrati, era un lavoro di studio e di ricerca, un lavoro che mi ha appassionato e mi ha dato la possibilità di amare anche quella giurisprudenza che mi ero imposta di farmi piacere, anche se mai dimenticherò il mio primo sogno e obiettivo mancato”.

-Le pesa ancora vedo?

“Sa, forse oggi non mi sarei arresa come ho fatto allora. Avrei ritentato quei test e non avrei scelto il ripiego, bensì avrei inseguito la passione per la chirurgia”.

-Mi dice come nasce la sua scelta universitaria?

“La mia non è stata una scelta, ma quasi un ripiego. Sono sempre stata caparbia e determinata nel portare avanti i miei obiettivi e programmi di vita, sono molto schematica, e quando qualcosa mi impedisce di costruire materialmente lo schema che ho immaginato, allora il mio cervello va in confusione. Io ho fatto inizialmente i test per essere ammessa alla facoltà di medicina dell’Università di Catanzaro. Era quello il mio vero obiettivo. La mia vera grande passione era fare il cardiochirurgo, schema mentale che però purtroppo ho dovuto scombinare perché quei test dall’esito negativo, che non avevo superato, mi hanno mandato in confusione. In realtà non avrei voluto frequentare altri corsi universitari, perché il mio schema mentale non mi dava alternative diverse. Ma poi ho deciso di ripiegare, e ho scelto di fare Giurisprudenza. Sono stati anni duri, perché quello che studiavo non mi allettava, non mi rendeva felice, ma sapevo dentro di me che non potevo tornare più indietro. Sapevo insomma che dovevo portare a termine il mio percorso, il mio nuovo schema mentale non mi consentiva di effettuare un ulteriore cambio di rotta. Ho proseguito lungo questa strada, dunque, e mi sono laureata, e devo dire che alla fine mi sono anche appassionata al diritto penale”.

-Oggi a chi sente di dover dire grazie?

“Grazie ai miei genitori. Sono loro che mi hanno regalato il mio futuro, e mi hanno insegnato che combattere è meglio che abbattersi. Soprattutto mi hanno insegnato che da una sconfitta può nascere una vittoria maggiore, e che le soddisfazioni arrivano anche mantenendo alta la dignità, senza abbassare mai il livello di educazione. Penso che un padre, una madre, sono le persone più preziose e più sacre che la vita possa donarci. A seguire lo saranno poi i nostri i figli certamente, ma i genitori sono coloro che generano vita, amore, sani principi. Sono essi stessi la nostra vita. Senza i nostri genitori non saremmo qui a discutere, e non saremmo le persone che siamo, belle o brutte, con o senza valori, con o senza prole al seguito. Appare emblematico citare il quarto comandamento, “.onora il padre e la madre”, per me è un  comandamento di vita sana, ma allo stesso tempo non indica solo un percorso, un esempio di vita da seguire, ma anche e soprattutto un sentimento di ringraziamento pieno e profondo che un figlio dovrebbe elargire ai propri genitori. Sempre. Sempre e comunque”.


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