Fondazione Gemelli, un progetto di cineterapia per liberare l’anima dai fantasmi del cancro

Da un’idea del regista Rolando Ravello, premio David di Donatello per la sceneggiatura di “Perfetti sconosciuti” (2016), è nato il docu-film ‘Il tempo dell’attesa’, prodotto da MediCinema Italia con Medusa Film e il sostegno di Roche Italia, presentato oggi in anteprima nella sala MediCinema presso il Policlinico Gemelli.

di Pino Nano
Giovedì 10 Novembre 2022
Roma - 10 nov 2022 (Prima Pagina News)

Da un’idea del regista Rolando Ravello, premio David di Donatello per la sceneggiatura di “Perfetti sconosciuti” (2016), è nato il docu-film ‘Il tempo dell’attesa’, prodotto da MediCinema Italia con Medusa Film e il sostegno di Roche Italia, presentato oggi in anteprima nella sala MediCinema presso il Policlinico Gemelli.

Il film – si legge in una nota ufficiale del Policlinico Gemelli- rappresenta la tappa finale di un progetto di ricerca ideato e condotto dalla dottoressa Daniela Chieffo, responsabile della UOS di Psicologia Clinica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e dal professor Giovanni Scambia, direttore della UOC di Ginecologia oncologica, Direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Ordinario di Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università Cattolica, che si è avvalso di un protocollo di cineterapia messo a punto e promosso da Marina Morra, MediCinema Manager di MediCinema Italia Onlus, presieduta da Fulvia Salvi.

I dati finali e i risultati di questo complesso e articolato progetto di cineterapia, che ha coinvolto ben 34 donne in terapia oncologica, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Cancers”.

“Il progetto MediCinema-Gemelli – spiega la dottoressa Daniela Chieffo – “nasce con l’intenzione di dimostrare come, all’interno dell’ospedale, la proiezione di un film possa favorire anche una nuova forma del rapporto mente-corpo che, di fronte alla malattia, a volte viene perduta; nel percorso di cura spesso la persona è talmente concentrata sulla parte ‘organica’ delle cure, da alienarsi dalla vita quotidiana, da dimenticarsi del proprio sé. Il nostro progetto di cine-terapia è partito dalla proiezione di dodici film, selezionati per aree tematiche emozionali, che affrontavano temi destinati all’elaborazione di alcuni vissuti; le pazienti, dopo aver assistito alla proiezione, facevano degli incontri di psicoterapia di gruppo condotti da Letizia Lafuenti e Ludovica Mastrilli, per elaborare il loro vissuto. La visione dei film favoriva spesso una loro identificazione catartica con le protagoniste, le aiutava a ristabilire un’immagine affettiva con sé stesse e a non alienarsi, grazie anche alla potenza del gruppo, all’interno del quale condividevano i loro vissuti. In questo percorso, durato un anno, abbiamo monitorato a più riprese il cambiamento delle dinamiche intra-psichiche e delle variabili di benessere e promozione della salute, osservando una metamorfosi dalla trasparenza enigmatica che la malattia ti pone davanti, alla chiarezza indecifrabile di ciò che Sei”.

La premessa su cui è nato questo progetto innovativo e sperimentale ci spiega come il cinema, accompagnato dalla psicoterapia, può rappresentare un ‘enzima’, un catalizzatore per l’elaborazione del vissuto di una paziente alle prese con una malattia difficile come il tumore, “che frattura l’esistenza in un ‘prima’ e un ‘dopo’, rischiando di cristallizzare il flusso della quotidianità e il senso stesso della vita”.

Per i massimi specialisti della materia “Gli stati d’animo emersi dopo la visione di una serie di film e rielaborati subito dopo, in sedute di psicoterapia di gruppo, hanno aiutato un gruppo di 34 donne a riallacciare la linea fratturata della propria esistenza. E soprattutto, a scoprire dentro di sé una forza inedita, prezioso complemento e supporto delle cure oncologiche”.

La grande novità di questa straordinaria sfida culturale, perché tale va considerata, è che nel docu-film ‘Il tempo dell’attesa’ una decina di pazienti, coinvolte in questo percorso sperimentale di cineterapia a complemento delle cure oncologiche, hanno raccontato in prima persona la loro esperienza, attraverso il linguaggio immediato della ‘GoPro’ (videocamera portatile).

“Una narrativa di grande impatto, - assicurano i clinici del Gemelli- che restituisce allo spettatore la sensazione di un tempo sospeso, ma non precluso alla vita. Assistere alla proiezione di un film, all’interno dell’ospedale, durante le cure ‘tradizionali’, può favorire una nuova forma del rapporto mente-corpo che, di fronte alla malattia, a volte viene perduta”.

Sono di grande suggestione le varie fasi di costruzione del progetto.

Il progetto di cineterapia, si è avvalso infatti della visione di 12 film, selezionati per aree tematiche emozionali, che affrontano temi destinati all’elaborazione di alcuni vissuti; le 34 pazienti coinvolte, dopo aver assistito alla proiezione, venivano sottoposte a incontri di psicoterapia di gruppo, per elaborare il loro vissuto.

“La visione di questi film favoriva spesso una loro identificazione catartica con le protagoniste, le aiutava a ristabilire un’immagine affettiva con sé stesse e a non alienarsi, grazie anche alla potenza del gruppo, all’interno del quale condividevano i loro vissuti. Durante questo percorso, durato un anno, è stato monitorato a più riprese il cambiamento delle dinamiche intra-psichiche e delle variabili di benessere e di promozione della salute”.

In particolare, tra i risultati dello studio scientifico, coordinato dalla dottoressa Daniela Chieffo, responsabile UOS di Psicologia Clinica del Gemelli, “sono stati valutati l’alessitimia, la self-efficacy (la capacità di creare e ritrovare la componente dell’auto-efficacia), tratti di personalità, e la relazione diadica, con la figura del partner. Al termine del percorso di cineterapia si sono osservati una riduzione degli stati d’ansia e dei tratti depressivi e un maggior senso di empatia; è stato inoltre rilevato un miglioramento del senso di auto-efficacia, che ha contribuito a rafforzare l’alleanza terapeutica, sia rispetto all’aderenza alle cure, che nell’affrontare indagini strumentali”.

Questo progetto – conclude la nota ufficiale del Policlinico Gemelli- rappresenta il primo modello strutturato di intervento psicologico in ambito oncologico ginecologico, con l'utilizzo della cineterapia. E i suoi risultati, frutto di un grande lavoro di squadra, dimostrano che la cineterapia può rappresentare un efficace strumento, a complemento e integrazione della medicina tradizionale e della psiconcologia, in un’ottica di umanizzazione delle cure”.

Sanità di altissima qualità, insomma, senza se e senza ma.


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