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Il noto chirurgo oncologo romano che gli amici chiamano Titta Grassi si racconta in un libro autobiografico
Il noto chirurgo oncologo romano che gli amici chiamano Titta Grassi si racconta in un libro autobiografico
Carlo Verdone dice di lui: “Titta Grassi cura il corpo, io l’umore”. Appena fresco di stampa esce per Rubbettino Editore “La porta si apre. Autobiografia di un chirurgo oncologo” di Giovanni Battista Grassi, la prefazione è di Carlo Verdone mentre l’introduzione l’ha scritta Giovanni Lo Storto, conosciutissimo Direttore Generale della LUISS Guido Carli di Roma. “La porta che si apre – scrive Carlo Verdone nella sua prefazione– è il sipario della vita dove entra in scena un apparato umano spesso smarrito, disperato, impaurito da ciò che pensavi potesse capitare solo agli altri e che ora è venuto a insidiare te. Spesso non c’è solo la malattia come unico nemico, ma incidenti imprevisti, uomini che aggrediscono brutalmente altri uomini. Donne violentate o persone che non si rendono conto di uccidere sé stesse nel prostituirsi a vizi di ogni genere”. L’autore del libro è Giovanni Battista Grassi, meglio conosciuto come Titta Grassi, famoso Direttore scientifico della Chirurgica generale oncologica del Policlinico Nuovo Casilino di Roma, uno dei chirurghi oncologi più noti d’Italia, definito dai suoi stessi colleghi, “mago della chirurgia oncologica”. In questi numeri c’è tutta la sua storia scientifica e professionale: 25.000 interventi in gran parte in chirurgia oncologica, autore di oltre 250 pubblicazioni pubblicate sulle riviste nazionali ed internazionali con particolare riguardo allo studio della fisiopatologia gastrica e delle neoplasie dell’apparato gastroenterico e della mammella, moderatore, relatore e Presidente a numerosi Corsi e Convegni Nazionali e Internazionali, Presidente del 112° Congresso della Società Italiana di Chirurgia svoltosi a Roma nel 2010. Ma è stato Presidente della sezione italiana dei Collegium Internationale Chirurgiae Digestivae e Direttore della rivista “Chirurgia gastroenterologia”. Oggi è parte integrante del board di alcune riviste Nazionali e Internazionali. Come dire? Un numero uno! Sono tante le storie vissute, i volti conosciuti, le ansie e le paure ascoltate e condivise in questo libro e che nei fatti è la sintesi avvolgente ed efficacissima di quasi cinquant’anni di carriera, tanti ne ha vissuti intensamente Giovanni Battista Grassi in sala operatoria nella lotta a volte impari con il grande “male”. Vi ricordate? Fino a poco tempo fa non si diceva il “cancro”, si preferiva invece un termine meno aggressivo, più dolce, “il male”, un nemico che un chirurgo come Grassi ogni giorno combatte disperatamente in sala chirurgica alla luce di una scialitica e con il tempo che a volte gioca contro la vita del paziente. “La porta si apre”, è tutto questo e altro ancora. “La porta – spiega il famoso oncologo romano- è quell’elemento che separa lo studio del medico dall’umanità che vi si accalca intorno. Ma quella porta non rimane chiusa e, quando si apre, i due mondi, pur da diverse posizioni non possono che fondersi in un abbraccio, in cui il medico non è solo il soggetto, quasi una macchina, che esegue un atto chirurgico, ma è innanzitutto un uomo che si fa carico della sofferenza dell’altro”. “La porta si apre” – sorride e lo fa alla sua maniera di sempre Carlo Verdone – “è denso di storie tenere e avvenimenti crudi tanto da sembrare un lungo film dove ad episodi drammatici seguono, fortunatamente, anche vicende al limite del surreale o addirittura comiche”. Il paragone con il cinema non deve tuttavia apparire irriguardoso- sottolinea il grande attore italiano- “Perché entrambi curiamo la gente. Lui cura il corpo di un paziente, io l’umore dello spettatore. Ma c’è una differenza sostanziale e cioè che lui spesso deve salvare una vita, io distrarlo positivamente, regalandogli un’emozione per meno di due ore. Alla fine -Carlo verdone è davvero irresistibile nel modo come agita le mani e le braccia- alla fine, almeno io, posso considerarmi un importante antidepressivo privo di effetti collaterali”. Dopo aver letto “La porta si apre” - aggiunge Carlo Verdone- devo ammettere che la stima nei confronti del mio caro amico Titta è cresciuta ancora di più. Perché ricordare appassionatamente, nell’arco di quattro decenni, tanti nomi, tanti casi, custodire ancora l’orgoglio e la felicità nell’aver restituito la vita, come anche la rabbia di esser stato impotente nel non averla potuta trattenere, mostrare quella delicata premura verso tutti, persone semplici e disorientate o nomi importanti, dando a tutti la stessa identica importanza nell’incoraggiamento saggio, è il segnale che il tuo delicato lavoro lo ami veramente e lo consideri come una “missione”. Carlo Verdone non conosce mediazioni nel raccontare un amico come Giovanni Battista Grassi, e anche questa volta lo fa alla sua maniera, con tutto il cuore disponibile, così come lo vediamo da sempre al cinema: “Se dovessi indicare la più bella qualità di Titta – dice- direi senza dubbio la premura, sostenuta da una preparazione molto solida”. Meglio di così si muore. Nel libro la quotidianità del chirurgo è attraversata dalla storia dei suoi pazienti: alcune si intrecciano indissolubilmente alla vita stessa del medico, altre la sfiorano soltanto, altre ancora lasciano un segno profondo nel suo animo. Dai primi passi mossi nel complesso scenario dell’Italia degli anni Settanta fino ai giorni nostri, il prof. Grassi dipinge un quadro corale in cui ogni personaggio porta in dote il suo racconto unico. Ma l’esistenza di un chirurgo non è confinata alla sala operatoria, ed è per questo che l’autore ci conduce anche dietro le quinte della sua vita privata, raccontandoci, ad esempio, della sua passione per il calcio, per la buona cucina di una volta, per il suo cane Paco. “La porta si apre” – spiega lo stesso Editore Florindo Rubettino- è un libro in grado di colpire allo stomaco, perché è pieno di storie forti, ma è un libro capace anche di infondere tanta speranza alle tante persone che ogni giorno, dovunque nel mondo, si trovano a lottare contro la malattia. Una battaglia che, proprio grazie al lavoro di ricercatori e medici come Giovanni Battista Grassi, diventa ogni giorno meno impari del passato”.