Il regista ed attore Stefano Calvagna torna in libreria col suo libro “Se non entro scavalco”

Multiforme artista che si è cimentato a lungo nel cinema come regista, autore ed attore, nel tempo ha mostrato anche il suo volto di scrittore, producendo volumi ed autobiografie.

di Francesco Tortora
Domenica 30 Giugno 2024
Roma - 30 giu 2024 (Prima Pagina News)

Multiforme artista che si è cimentato a lungo nel cinema come regista, autore ed attore, nel tempo ha mostrato anche il suo volto di scrittore, producendo volumi ed autobiografie.

Stefano Calvagna, nella sua filmografia, così come nella sua produzione letteraria non ha mai voluto accettare compromessi e di questo può certamente fregiarsene, al giorno d’oggi, in un mondo -soprattutto in Italia- dove bisogna sempre accostarsi a qualche lobby o a qualche gruppo di potere per poter esprimere se stessi, per trovare un piccolo spazio dove mostrare e raccontare il proprio punto di vista. A tutto questo, poi, Stefano Calvagna aggiunge il proprio desiderio di raccontare non il mondo dei vincenti, i quali magari hanno adottato qualche trucco di cui sopra. Anzi, ha sempre descritto sia sotto forma di libri sia -e ancor più- nelle sue pellicole, il mondo delle borgate, delle periferie, degli emarginati. Non si tratta qui di materia di censo ma di emarginazione “a prescindere” potremmo dire, di un potere che tiene lontano dai propri confini e dai propri interessi chiunque possa avere la libera sfrontatezza di dire che “il Re è nudo” davanti a tutti.
 
In base a quale esigenza hai deciso di dare alle stampe “Se non entro scavalco”? Questo volume prosegue la narrazione autobiografica del tuo precedente volume “Cronaca di un assurdo normale”?
Non si è trattato di una esigenza, più che altro si è trattato di una condizione che mi si è creata più volte. Mi era stato proposto già quando ho compiuto 50 anni, quindi, quasi quattro anni fa. Però, non mi sentivo né pronto né troppo concentrato per per potermi occupare di una mia biografia. Non è un proseguimento autobiografico di “Cronaca di un assurdo normale” perché quel mio volume è soltanto ed esclusivamente un racconto -sotto forma di un diario- che ho scritto in carcere e riguardante la situazione che stavo vivendo in quel momento.
L’autobiografia spesso rappresenta l’Ego del suo autore, talvolta grande, talvolta ferito, talvolta autoreferenziale. Questo tuo più recente volume, quale caratteristica assume, a tuo parere?
Sì, talvolta le opere autobiografiche possono risultare autoreferenziali ma in questo caso non è così. Io sono stato ferito solo dai ricordi che ho dovuto rivivere raccontando questa storia. Questo sì, ho raccontato tante cose che neanche i miei genitori conoscevano e soprattutto -quando le hanno lette- sono stati e sono i primi a sentirsi molto toccati, addirittura mio padre ha dato un “no comment” quando è stato interpellato su tutto questo, perché ci sono delle condizioni abbastanza forti e che fanno parte della mia vita.
 
Già dal titolo scelto che riecheggia il frasario slang della tifoseria calcistica, si annuncia una certa insofferenza verso le barriere, i limiti imposti, le regole talvolta burocraticamente astruse. A guardare oggi la tua esperienza umana ed artistica, risulta chiaro che tutto questo è il fondamento stesso della tua vita. E’ sempre stato così?
 
Circa la scelta della titolazione del libro, in effetti sembrerebbe riecheggiare certo linguaggio relativo a un tipo di tifoseria calcistica, in realtà è solo un’apparenza, “Se non entro scavalco” lo si potrebbe anche definire uno slang connesso a chi -come me- nella vita ha dovuto combattere contro tutto e tutti. Ed io ho scavalcato ovunque non mi facessero entrare, cioè dal concerto, oppure allo stadio, fino ad arrivare al presentarsi alla festa da indesiderati perché venivamo dalla borgata di Roma, fino a quello che poi è stato il cinema in sé e per sé, perché uno come me era comunque uno “scomodo”. Sicuramente non ero allineato a nessun tipo di contesto che potesse agevolarmi. Qui potremmo appunto, far cenno a certe opposizioni burocratiche, nell’ambito dei supporti ministeriali destinati alle produzioni cinematografiche che sono andati a molti, mentre nel mio caso è nato tutto con finanziamenti esterni che sono riuscito a prendere per conto mio. Insomma, più che altro è stato per me un qualcosa che mi ha rimosso tante cose ma, d’altro canto, mi ha dato tanto nel solo atto di ricordare.
 
Credi che il tuo racconto autobiografico possa essere uno stimolo per il lettore che, nella sua vita, spesso ha ceduto o indietreggiato davanti agli ostacoli che inevitabilmente la vita ci pone davanti?
 
Il mio racconto potrebbe in effetti essere uno stimolo per alcuni e dipende sempre di “chi” stiamo trattando, ovviamente, come lo interpreta. Ad esempio, per mio padre non lo è stato. L’ho trovato abbastanza arrabbiato per quello che ha letto, alcune cose non le sapeva, altre cose probabilmente non le ricordava ma sicuramente sono stato un bambino che ha vissuto una infanzia molto difficile. A nove anni ho assistito a un omicidio, in diretta, a dieci ho subìto un abuso, insieme a tante altre cose che in questo libro vengono raccontate e che magari non ho esternato allora, nel corso degli anni, oppure in fase di terapia psicologica.
 
Stefano Calvagna, Se non entro scavalco, Castelvecchi editore, 206 pagg., 17,58 €

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