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La crisi siriana investe l’intero bacino Europeo. L’analisi del momento non fa che riportarci al passato e ai grandi leaders del passato.
La crisi siriana investe l’intero bacino Europeo. L’analisi del momento non fa che riportarci al passato e ai grandi leaders del passato.
Di Giuseppe Romeo
In momenti nei quali ogni condizione di ordine possibile e di gestione di crisi che sembrano più funzionali a definire nuovi rapporti di forza e nuove gerarchie, piuttosto che mettere al centro gli interessi dei popoli, l’operazione in Siria - pensando di alleggerire il fronte in Ucraina distraendo la Russia o per favorire Israele, che non vedo trovare sostegno diffuso nel mondo occidentale - rappresenta il nuovo azzardo di una pericolosa partita di poker su un tavolo rosso sangue. Trasformare in ribelli se non in partigiani gli eredi o i sopravvissuti di al-Qaida/al-Nusra, oggi Hayat Tahir al-Sham, è la nuova frontiera dei combattenti per la democrazia. Venire a patti con personaggi come Abu Muhammad al-Jawlani, definiti come terroristi proprio da quell’Occidente di cui oggi ne celebra le imprese sembra essere la nuova speranza delle cosiddette democrazie europee per un nuovo ordine in Medio Oriente. Tuttavia, è anche sin troppo chiaro come l’aver alimentato un fuoco sotto-cenere mai estinto per usarlo all’occorrenza da parte di intelligence lungimiranti, ha dimostrato come in che misura non vi siano scrupoli di sorta nel ricorrere a ogni possibile mezzo per raggiungere - in tempi, modi e termini non di certo archiviabili per memorie libere - obiettivi geopolitici anche da parte di consolidate democrazie al di là di ogni retorica da mondo libero.
Un passaggio sul quale forse anche l’autore di La nuova guerra contro le democrazie. Come le autocrazie vogliono stravolgere l’ordine internazionale avrebbe dovuto riflettere prima di dare questo titolo anche solo per una questione di verità storiche su come e in che modo le democrazie a lui più care hanno sostenuto autocrati e dittatori poi, magari, disarcionati se non più utili. Magari ricordando come e in che misura si siano sostenuti autoritarismi funzionali agli USA (tra i tanti, lo stesso Saddam Hussein fu finanziato dagli USA in chiave anti Iran, per non parlare del favore reso prima e anche dopo ai talebani, veri campioni di democrazia) e alle multinazionali occidentali. Ma, spiace per gli alleati atlantici di Ankara, la crisi siriana, di cui non si ha difficoltà nel ritenere parte di un disegno ben preciso inteso ad allargare il quadro della conflittualità - funzionale a contenere una debole capacità diplomatica degli Stati Uniti e propri partner, oltre che strumentale a far recuperare terreno e consenso a Israele - a oggi, ha un solo vincitore: Erdogan.
Il leader turco, nell'esprimere al meglio le qualità "levantine" sarà l'unico a fare la differenza in Medio Oriente mentre gli emiri, creato e sostenuto il caos, continueranno a regnare indisturbati visto che la loro democraticita' per l'Occidente non è in discussione. Per quell’Occidente europeo ormai sempre più protettorato degli Stati Uniti. Questi ultimi che, in preda ad un delirio compulsivo da decadenza, si presentano consapevoli di poter fare ciò che vogliono di fronte a una Europa in mano alla più inadeguata e supponente leadership di ogni tempo dal 1957 in poi, facendo rimpiangere, se non dare ragione, a un preveggente De Gaulle (Memorie della speranza pag. 183 e ss.) e al nostro Craxi. Il doppio standard europeo, come se non bastasse l’ingerenza nelle questioni politiche romene, si affida adesso a Macron, prodotto della visione di una Francia orfana da decenni di un Charles nazionale. Un presidente che, privo di strumenti storici e politici di analisi, di fatto nelle sue dichiarazioni trasforma in patrioti dei terroristi che di certo non saranno meglio del dittatore Assad. Una miopia e una narrazione così manifestamente fuorviante, supportata dalla stampa più conformista, che l’Europa, non di certo la felice homeland a stelle e strisce, rischia di pagarne il prezzo rendendo la Siria – una nazione, nel peggio di Assad, comunque laica, ad alto livello di istruzione - un nuovo proxy del terrore.
L'Italia si approssima a tale crisi cercando sponde nel dovunque atlantico, da Trump all’Eliseo probabilmente dimenticando il precedente libico illudendosi, l’Italia, di avere amici disinteressati nel Mediterraneo prossimo. In verità basta ormai frequentare solo le stazioni, i treni o quartieri interi delle nostre città per rendersi conto di quale piattaforma potenziale sia il nostro Paese per una pericolosa contaminazione terroristica.
De Gaulle era un gigante di previsione e Craxi altrettanto. Sembra, infatti, che si sia troppi impegnati a seguire i contenuti di autorevoli Agende non archiviate come se questi siano i compiti da fare per legittimare una leadership garantendone la longevità politica. A questo punto, a condizioni geopolitiche date e incontrovertibili, sembra quasi che la sopravvivenza degli stessi esecutivi europei, come le politiche estere - a eccezione di qualche Stato che sottrae al dominus d’oltreatlantico la propria dignità - siano decise a Washington e nelle sue succursali: Bruxelles e Strasburgo.
La Siria rischierà di essere la tomba di Israele e dell’occidente europeo. Gli Stati Uniti, come ricordava De Gaulle, fatti i conti in casa, sono abbastanza lontani e potranno sempre decidere quando e come abbandonarci.