Annalisa Cuzzocrea, una donna ai vertici de La Stampa

Nomine nei grandi giornali italiani. Massimo Giannini chiama alla Vice Direzione della Stampa, storico quotidiano di Torino, Annalisa Cuzzocrea.

di Pino Nano
Lunedì 14 Marzo 2022
Roma - 14 mar 2022 (Prima Pagina News)

Nomine nei grandi giornali italiani. Massimo Giannini chiama alla Vice Direzione della Stampa, storico quotidiano di Torino, Annalisa Cuzzocrea.

Annalisa Cuzzocrea dal 1° marzo 2022 è la nuova vicedirettrice de “La Stampa” di Torino. A darne comunicazione è stato lo stesso direttore del quotidiano, Massimo Giannini, ma la notizia forse invece più croccante è che Annalisa Cuzzocrea è la prima donna in assoluto ad assumere questo incarico a “La Stampa” di Torino, dove ora sostituirà il collega Flavio Corazza.

“In questi anni -dice Massimo Giannini, storico giornalista di Repubblica e oggi Direttore de La Stampa- Annalisa si è guadagnata sul campo la stima personale e professionale di tutti, nel nostro mondo e fuori, nella politica e non solo. Con noi avrà modo di mettere pienamente a frutto questa sua collaudata esperienza. La sua nomina, per altro, si aggiunge a quella di altre colleghe, alle quali in questi mesi abbiamo voluto affidare incarichi e responsabilità sempre più grandi. Continueremo a farlo, perché ritengo che questo aiuti La Stampa a crescere e a migliorare ancora. Ad Annalisa va il più grande in bocca al lupo per il suo nuovo incarico”. Più di così si muore.

Discreta in ogni sua apparizione pubblica, quasi solenne anche nel modo di trattare i suoi interlocutori, con un carisma tutto suo, assolutamente percepibile e palpabile a prima vista, che non ha niente a che fare con l’immagine stereotipata delle donne in carriera, rampanti e magari anche eccessive nelle loro manifestazioni esteriori, ma la sua forza sta proprio nella moderazione dei toni, nello stile pacato del suo linguaggio, nel saper imporre a chiunque la sua semplicità caratteriale, e nello stesso tempo la determinazione che usa nel raccontare uomini avvenimenti e cose. Mai una mediazione nelle cose che dice o che scrive se è certa di quello che scrive, mai un passo indietro nei principi in cui crede, ma anche mai un segnale di intolleranza o peggio ancora di rabbia verso nessuno. Noblesse oblige, insomma, è il garbo fatto persona, ma anche cocciuta e determinata al punto giusto, come poche altre donne della sua generazione, arrivata al giornalismo politico dopo una gavetta elitaria e di grande prestigio, cresciuta alla scuola dei grandi notisti di un tempo, e soprattutto formatasi nelle redazioni dei giornali che per anni hanno segnato e anche condizionato le agende e i dossier della politica italiana. Repubblica, Radio Capital, Il Venerdì, Diario, il Tg3, ma poi ancora la 7 di Mentana e via via i grandi programmi televisivi di approfondimento politico, Otto e Mezzo, Piazza Pulita, Di Martedì, e chi più ne ha più ne metta.

Vista da lontano, con questo suo caschetto color giallo oro, e la sobrietà dei suoi vestiti, sembra esattamente il contrario di quello che in realtà Annalisa Cuzzocrea è poi nella sua vita reale di ogni giorno, giornalista affermata e di grande successo: sembra la “ragazza della porta accanto”, insomma, a cui affideresti volentieri e senza timore di essere mai tradito i tuoi segreti personali più intimi.

Caparbia, impeccabile, bravissima. Prima della classe, sempre e comunque, a partire dal Diploma superiore al Liceo Linguistico "Nuova Europa" di Reggio Calabria da dove esce con 60 su 60, ma prima della classe anche alla Scuola di Giornalismo di Urbino dove arriva nel 1998 dopo una selezione durissima e senza sconti per nessuno. Per lei è solo l’inizio di una carriera importante che presto la vedrà catapultata nel mondo meraviglioso di “Alice”. Una favola che non morirà mai.

Giornalista professionista, iscritta dal 2001 all’Ordine dei giornalisti del Lazio, Annalisa viene assunta a Radio Capital agli inizi degli anni 2000, dove si occupa di cronaca, esteri e interni, per poi passare a Repubblica Tv, assieme ai colleghi Paolo Garimberti e Massimo Giannini, e infine nel 2011 a Repubblica nel settore politico, dove si occupa di grandi inchieste e approfondimenti connessi. Da cronista parlamentare assiste e racconta con grande serietà e onestà intellettuale alla fine della seconda Repubblica, e questo le permette anche di seguire fin dalla sua nascita le vicende tutte del Movimento 5 stelle e il suo ingresso formale nelle istituzioni della Repubblica. Dopo una felicissima esperienza a Repubblica con Ezio Mauro direttore, da redattrice a inviata, dal novembre del 2021 passa a La Stampa di Torino, anche qui con un occhio mai distratto e mai superficiale sui temi centrali della politica, dell’economia, del gender gap, della scuola e delle istituzioni. Alle spalle la “ragazza” ha un background di letture impegnate, di frequentazioni accademiche importanti, e soprattutto una tesi di laurea alla Sapienza di Roma con il massimo dei voti in Lingue e Letterature Straniere sui racconti della guerra di Spagna del saggista e romanziere inglese Eric Arthur Blair, molto meglio conosciuto come George Orwel, e su Arthur Koestler, scrittore ungherese naturalizzato britannico che indagava il rapporto tra verità e propaganda, famosissimo per avere aderito nel 1931 al partito comunista, che lasciò poi al tempo dei processi di Mosca nel 1938, dopo aver dato alle stampe un romanzo di grande impatto mediatico come “Darkness at noon”, e in cui lo scrittore denunciava il regime terroristico instaurato nell'URSS di Stalin. Corsi e ricorsi della storia, direbbe qualcuno, all’alba oggi della guerra in Ucraina.

Ma la Cuzzocrea è così brava nelle cose che fa, e soprattutto per il modo in cui le scrive, che la chiamano persino alla LUISS, Gianni Riotta le chiede di insegnare al Master di Giornalismo e Comunicazione Multimediale, e le affida il corso di “Giornalismo politico al tempo dei social”.

È quasi iconico il racconto che lei fa di sé stessa, della politica, e del suo lavoro agli studenti della LUISS: “Il racconto politico – spiega ai praticanti della Luiss – sta cambiando, è sotto gli occhi di tutti. Le persone sono annoiate e per essere efficaci e colpire bisogna essere informati su tutto. Si deve sapere sempre quello che sta succedendo per dare al lettore qualcosa in più. Per fare buon giornalismo serve ‘fare marciapiede’. Vedere e spiegare la politica per immagini. Una cosa fondamentale nel nostro mestiere e in tutti i modi di raccontare, non solo nella carta stampata”. Ne esce per intero la sua vera anima, della cronista on the road: “A fare la differenza in questo mestiere - spiega ai suoi ragazzi - è l’atteggiamento, il modo di approcciarsi alla professione. Anche quando si scrive un pezzo banale, come può essere una polemica sui social, si deve cercare di andare oltre le apparenze. Serve a poco fermarsi alle battute dei protagonisti, in quel caso si fa il loro gioco e il nostro lavoro diventa quello di cassa di risonanza. Propaganda. La nostra professione così perde valore. Abbiamo la grande fortuna di un accesso privilegiato alle fonti, sfruttiamole”. E quando in aula le chiedono di come sia diventata quello che oggi lei viene giornalisticamente e unanimemente considerata la massima “esperta del Movimento 5 Stelle”, lei risponde sorridendo: “Ho seguito per anni il Movimento 5 Stelle e soprattutto all’inizio era difficile ottenere riscontri dai loro esponenti. Muovendosi però, andando dove succedono le cose, si vedono e sentono particolari che aiutano a fare pezzi diversi. Aneddoti, gesti, curiosità. Solo così il vostro articolo può avere qualcosa in più rispetto alla ‘concorrenza’. E al lettore piace. Oggi una parte del giornalismo politico sbaglia perché rinuncia a questo aspetto, parlando per frasi fatte e cliché”.

Ma che mestiere sarà mai il suo?

Lei riparte da lontano: “Ogni giornale -dice- incarna dei valori, il pluralismo italiano non è una cosa sbagliata. Le persone si riconoscono nelle linee editoriali, si rispecchiano in queste. È una concezione diversa da quella del giornalismo anglosassone, ma non è detto che sia un male come pensano in molti. Cercate di non essere asettici, ma onesti e obiettivi”. Poi arriva al cuore di ognuno di loro: “La fatica premia sempre, ragazzi. Fare dodici telefonate anziché due costa fatica, ma è la strada giusta per dare fondamento alle informazioni e per costruire un pezzo, a conti fatti, più bello. È più complicato, ma ripaga. Guai a rinunciare ai propri sogni e al valore della professione”.

Un Corso universitario seguitissimo, una lezione dopo l’altra, un bagno di consensi generali e di ammirazione plateale da parte dei ragazzi, e soprattutto una sorta di consacrazione ufficiale per il mondo dei media, ma che lei però vive con la stessa modestia e la stessa nonchalance con cui un giorno decide di dare alle stampe il suo primo libro, dal titolo quasi provocatorio, “Che fine hanno fatto i bambini. Cronache di un Paese che non guarda al futuro”, uscito per Piemme a marzo del 2021.

Proprio così, “Che fine hanno fatto i bambini?”. Nell’anno della pandemia abbiamo riletto questa frase e questo interrogativo mille volte diverse su alcuni striscioni comparsi in diverse città italiane, soprattutto durante il primo lockdown, quando le scuole erano chiuse e i ragazzi erano spariti dal discorso pubblico. Quando il presidente del Consiglio e il comitato scientifico avevano dimenticato di decidere se un bambino, accompagnato, potesse fare almeno un giro intorno al palazzo, capire che il mondo non era scomparso, avere un'idea di quel che stava accadendo davvero. Bene, Annalisa Cuzzocrea, inviata ancora, allora, di Repubblica, mamma di Carlo e Chiara, decide di indagare sul perché bambini e i ragazzi non siano stati visti dal governo alle prese con l'emergenza Covid-19, perché siano serviti mesi prima di rendersi conto di quanto pesante sarebbe stata la conseguenza della chiusura delle scuole, dell'isolamento nelle case, soprattutto per i più fragili e per chi vive in contesti difficili. E attraverso il dialogo con psicologi, scrittori, economisti, demografi, sociologi, registi, insegnanti, genitori, nel viaggio che la porta fino ai Quartieri spagnoli di Napoli e dentro la sezione nido del carcere di Rebibbia, la “ragazza della porta accanto” scopre le ragioni di fondo dell'invisibilità di infanzia e adolescenza nel nostro Paese. “Dove le esigenze e i diritti dei più piccoli- scrive in maniera magistrale- e i bisogni dei più giovani, vengono sempre dopo. Messi dallo Stato a piè di lista, mentre troppo, quasi tutto, si delega alle famiglie di appartenenza. I bambini sono considerati "bagagli appresso" dei genitori, appendici affidate alle loro cure, non cittadini degli spazi che abitano, quasi mai pensati per chi ha meno di 18 anni. È solo un problema politico o è anche e soprattutto un problema culturale? Perché l'Italia stenta a vedere i suoi figli per quello che sono, e si limita a studiarli attraverso quello che consumano? Se tutto è affidato alla famiglia, cosa si fa dove l'ambiente d'origine non funziona, non aiuta, non permette di "fiorire"?”.

Vi consiglio di leggerlo, è un libro avvolgente, un testo necessario per capire- Annalisa Cuzzocrea lo spiega benissimo- “cosa ci stiamo perdendo, come stiamo mettendo in pericolo il nostro futuro. E da dove bisogna ripartire”.

Il giorno peggiore della sua vita è quando perde suo padre, è il 7 aprile del 2013, Marco Cuzzocrea, l’uomo che non aveva mai dubitato della forza e della capacità che avrebbe trovato Annalisa per realizzare quello che era il suo vero grande sogno da ragazza, il giornalismo e l’amore sfrenato per la carta stampata. Marco Cuzzocrea se ne va per sempre nella sua Reggio, accompagnato però questa volta dal saluto corale che i nuovi amici di sua figlia gli mandano in rete e da cui traspare il legame profondo che Annalisa ha ormai legato con il giornale e i suoi lettori:”. Da tutti noi di “Pazzo Per Repubblica”, “Il Blog dei feticisti di Repubblica”, e in particolare dalla “Brigata Cuzzocrea”, un fortissimo abbraccio ad Annalisa”.

-Annalisa, cosa le è rimasto dentro della sua città natale? Che ricordi importanti ha?

Di Reggio Calabria ho dentro tutto. Ma se devo scegliere la cosa che amo di più, polpette di melanzane e frittelle di fiori di zucca a parte, è la luce. La luce dello Stretto, all’alba come al tramonto. Perfino di notte.

-Quanto suo padre e sua madre hanno favorito la sua scelta professionale?

I miei mi hanno sempre sostenuto in tutto. Soprattutto, mi hanno lasciata libera in ogni scelta importante. Senza condizionarla, senza volerla indirizzare anche quando avevano paura fosse difficile. È stato il loro regalo più grande.

-Cos’è che l’ha convinta a fare da grande la giornalista?

Quando ero al liceo ci furono la strage di Capaci e poi quella di via d’Amelio. Poi, ancora, gli attentati a Roma, Milano, Firenze. Volevo capire perché, volevo saperne di più e volevo essere in grado di raccontarlo. Non c’è una ragione precisa: ho sempre letto e scritto tanto, da che ho memoria di me. È stato un percorso naturale.

-Oggi Vicedirettore della Stampa. A chi dedica questo traguardo così prestigioso?

A mio padre.

-Che cosa ci sarà nel futuro di Annalisa Cuzzocrea?

Per ora non riesco a pensare a nient’altro che non sia la guerra insensata in Ucraina e le sue possibili conseguenze sul futuro di tutti.

-Ha ancora un sogno nel cassetto?

Non fare disastri. 


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