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-Professoressa Dall’Oco, l’ultima volta che ci siamo occupati di lei, in occasione dei Convegni (sulla cultura, sull’impresa, sulla comunicazione, sulla donna) organizzati lo scorso anno dal Centro Studi Galatana, di cui è presidente, lei era docente di Filologia medievale e umanistica nell’Università del Salento. Ora cosa insegna?
L’insegnamento di Filologia medievale e umanistica appartiene al Settore Scientifico Disciplinare denominato Letteratura latina medievale e umanistica, che è anche un insegnamento e che ne comprende altri. L’introduzione di un indirizzo contemporaneo ai corsi di laurea di Lettere, fortemente voluto dalla presidente Beatrice Stasi, e della nuova Laurea magistrale di Comunicazione, media digitali, giornalismo, avviata con altrettanta determinazione dalla presidente Maria Vittoria Dell’Anna, mi hanno dato l’opportunità di conservare gli insegnamenti tradizionali e di aprirmi a nuovi percorsi, rispettivamente Classici latini nella tradizione letteraria occidentale e Civiltà umanistica e società della comunicazione. Il leitmotiv che attraversa questi insegnamenti è l’Umanesimo, che del lungo Medioevo rappresenta la parte conclusiva. È il principale oggetto delle mie ricerche. L’interesse, nato negli anni universitari grazie all’incontro con un autorevole maestro e studioso di filologia e letteratura umanistica come Paolo Viti, si è subito chiarito in me, che venivo attratta dallo sguardo bifronte degli umanisti. Essi si rivolgono al passato con l’obiettivo di recuperare e reinterpretare i classici per trovare le chiavi di lettura della realtà contemporanea, in un contesto storico, politico, sociale e culturale in profondo rinnovamento che riporta l’uomo alla sua centralità – l’uomo vitruviano ne è la rappresentazione emblematica; ma hanno anche lo sguardo proiettato al futuro. L’homo novus segna la nascita dell’Età moderna. Trovo che il lascito degli umanisti, ancora poco conosciuto al grande pubblico, sia di grande attualità, ma di tutto questo potremo parlarne in un’altra occasione.
-Il Premio De Ferrariis Galateo, consegnato a Galatone il 7 luglio scorso, ha avuto una vasta risonanza, anche sulla stampa nazionale, a cominciare dall’Ansa e poi sui quotidiani nazionali; da parte loro il ‘’Quotidiano di Lecce’’, ‘’La Gazzetta del Mezzogiorno’’, il ‘’Corriere salentino’’, hanno dedicato interviste e servizi molto ampi. Sono stati premiati – lo ricordiamo in breve – due oncologi, il professore Luca Mazzarella, la dottoressa Benedetta Pellegrino, l’editore Livio Muci, il musicista Emanuele Arciuli, e, dulcis in fundo, il professore Luciano Canfora, un filologo di fama europea. Sono state premiate dunque eccellenze in vari campi, ma il nome di Canfora vi ha fatto fare un salto di notorietà, questo è innegabile, anche per le leggi che governano la comunicazione. Non le pare?
Sono d’accordo con Lei, ma è forse il caso di chiarire alcuni passaggi che ci hanno portato a queste scelte. Il Premio ha tra i suoi scopi prioritari quello di far conoscere al grande pubblico i talenti della nostra antica Terra d’Otranto, coloro che hanno alle spalle una carriera autorevole o sono troppo giovani per essere riconosciuti, e comunque sono apprezzati e ammirati in particolare nei propri ambiti specialistici, anche internazionali. Luciano Canfora non ha certamente bisogno del riconoscimento di un Premio De Ferrariis Galateo! Al grande pubblico, oltre a quello degli studiosi, è presente da lungo tempo! Il Centro Studi Galatana ha voluto festeggiare il 25° anniversario della sua nascita assegnando il Premio speciale alla Cultura a Luciano Canfora, il faro a cui guardare per non dimenticare la missione che ci tiene uniti, fare Cultura al di fuori della torre d’avorio, in cui è fin troppo facile rinchiudersi per l’innegabile fatica sperimentata quotidianamente a trovare ascolto e confronto, ed essere strenue Mavortis milites (per citare Boccaccio).
-Dato che il Premio Galateo avrà sempre più risonanza nazionale, cioè oltre i confini sia pur rispettabili della Iapigia descritta da De Ferrariis nel trattato De situ Iapygiae, può, professoressa, in poche parole spiegarci: chi era Antonio De Ferrariis Galateo? E che cosa ha da dire, un umanista salentino del ‘400-‘500, alla nostra sensibilità di contemporanei? Lei del Galateo si occupa da tempo, ha scritto, ha curato atti di un convegno internazionale. Ci può spiegare come nasce questo suo interesse scientifico per il Galateo, a parte la comune provenienza salentina?
Tra gli studiosi di Galateo (1448-1517), mi considero l’ultima arrivata. A fine anni ’70, a rinnovare l’attenzione sull’umanista galatonese contribuivano le Giornate Galateane (15-26 nov. 1969), promosse da Vittorio Zacchino, fondatore del Centro Studi Galatana e ancor prima del Premio. La presenza in quell’occasione di Francesco Tateo (accanto a nomi come Mario Dal Pra, Antonio Corsano, Aldo Vallone, Nicola Vacca, Antonio Antonaci, Nicola De Donno) apriva gli studi della sua scuola barese in particolare all’edizione critica delle opere e delle epistole galateane. Su questa strada, Paolo Viti dell’Università del Salento con la mia stretta collaborazione, in occasione del cinquecentenario della morte di Galateo (1517-2017), organizzava sull’umanista un grande convegno itinerante tra i luoghi galateani, Antonio Galateo dalla Iapigia all’Europa (di cui ho curato il volume degli gli atti insieme a Luca Ruggio), che aveva come scopo quello di fare il punto sulle conquiste scientifiche degli ultimi 50 anni, sulle motivazioni della ricerca e sulle prospettive di studio future.
Galateo è umanista di grande attualità, lo dimostrava già alla fine degli anni Trenta del ‘900 Benedetto Croce quando esprimeva la sua condanna per le leggi razziali richiamando e pubblicando l’epistola di Galateo De neophitis, indirizzata al duca di Nardò Belisario Acquaviva nel 1511, sulla difesa degli ebrei (la circostanza: il matrimonio del figlio del duca con una giovane ebrea). Ma Galateo è oggi ancora vivo ed exemplum per tante altre ragioni. Egli avvertiva con drammaticità e inquietudine la crisi politica e culturale dei suoi tempi, la decadenza dei valori umani, la corruzione dilagante, la mollezza dei costumi portata dai conquistatori francesi e spagnoli. Quando la fine dei suoi amati Aragonesi di Napoli fu irreversibile, decise di tornare e trovare riparo nella sua terra, terra di confine dove le tradizioni greche e il mos maiorum degli antichi latini si conservavano intatti tra la gente comune. Qui continuò a svolgere la sua professione di medico connotando l’identikit del perfetto umanista che sa coniugare la vita negotiosa alla vita otiosa.
-In poche parole, qual è quella che si usa chiamare la mission del Premio De Ferrariis Galateo?
Credo di aver in parte risposto a questa domanda, ma provo a riassumere. Il Premio intende portare alla luce i talenti ‘nascosti’ che appartengono alla terra di Antonio De Ferrariis Galateo, la sua Iapigia, l’antica Terra d’Otranto, che lavorano senza notorietà e che sono leva di sviluppo e progresso per il territorio. I talenti che hanno scelto con coraggio di rimanere nella propria terra e che quotidianamente si confrontano e si scontrano con la realtà che spesso con loro non è riconoscente. I talenti che ce l’hanno fatta con fatica, perseveranza, tenacia e, perché no?, con un pizzico di fortuna, quella fortuna che aiuta gli audaci e che guida verso gli incontri positivi. I talenti che sono partiti e non sono tornati. L’ispirazione viene da Galateo medicus et philosophus – così amava definirsi l’umanista al servizio degli altri, alla corte di Napoli come a Lecce e a Gallipoli dove si era ritirato negli ultimi anni, e allo stesso modo capace di quella introspezione che veniva da lontano, dai filosofi greci, da Seneca, Agostino, e più da vicino da Petrarca, il padre riconosciuto dagli umanisti e per Galateo fonte implicita presente in tutta la sua opera.
Posso aggiungere che gli exempla, quelli positivi, per la nostra associazione hanno valore portante. Galateo allora, Canfora oggi, per rimanere allo stretto contesto di questa conversazione, sono per noi Maestri, con il loro esempio di uomini e di intellettuali possono essere preziosi punti di riferimento, il timone per navigare nella tempesta, il filo di Arianna per uscire dal labirinto.
-Vedo che la cadenza del Premio è biennale. Non Le sembra strano? Di solito i Premi sono annuali, a cominciare, per parlare dei più famosi, dal premio Oscar, fino ai premi letterari italiani (Strega, Viareggio, Campiello ecc).
Grazie per il richiamo a Premi così prestigiosi! L’ambizione non ci manca per crescere, ma occorre un concorso di forze, energie, competenze, insomma è necessario avere una visione e che la visione sia condivisa con gli enti del territorio, con gli operatori e gli imprenditori della cultura. In parte ciò si verifica, e anche questa edizione del Premio lo ha dimostrato. Se posso esprimere un mio giudizio, credo che tra i punti di forza sia emersa proprio la capacità di far interagire le varie realtà culturali (artistiche, sociali, economiche) espressione del territorio, dando prova di come la ‘coesione’ non sia parola astratta!Per crescere, però, i patrocini gratuiti e i piccoli rimborsi spese non sono sufficienti, non si può fare affidamento sulla ‘buona volontà’ e sul volontariato di soci e associazioni partner. La cadenza del Premio diventerà annuale quando il peso e le responsabilità dell’organizzazione potranno contare su maggiori risorse e su una squadra meglio strutturata.
-Per allestire un Premio, mi rendo conto, occorrono organizzazione, tempo, risorse finanziarie. Voi come siete al momento strutturati dal punto di vista organizzativo? Avete contributi? Sponsor? Pensate di cercarne? Li avete trovati?
Non c’è dubbio che la presenza di uno sponsor sia determinante alla mission del Premio, e più in generale dell’Associazione. Posso annunciare che lo abbiamo finalmente individuato nella figura di un imprenditore non galatonese che preferisco chiamare imprenditore illuminato, erede degli antichi mecenati, consapevole della centralità – oggi più che mai – del nuovo Umanesimo, sensibile e attento lettore, anche protagonista, di una società in profonda, radicale e rapida trasformazione, dove le moderna tecnologie possono aiutare a rendere più confortevole la vita (anche se non per tutti!), interagire con le leggi del mercato, ma dove i bisogni materiali, che soddisfano una società consumistica, non possono rispondere alle questioni esistenziali: qual è il bene vivere?
-Quali rapporti ci sono con le amministrazioni territoriali (Comune, Provincia, Regione, Università, Camera di Commercio, organizzazioni imprenditoriali, Scuole)?
In generale sono buoni con tutti gli amministratori del territorio, per gli ambiti umanistici però le risorse da investire sono sempre molto scarse e le poche sono distribuite malamente. Inoltre, mi dispiace ammettere che ancora oggi il merito non sempre sia il criterio principale nell’assegnazione delle risorse.
-Alle spalle del Premio De Ferrariis Galateo, di cui Lei statutariamente è presidente, c’è il Centro Studi Galatana (che prende il nome dalla città di origine, Galatone, patria del Galateo). Questo Centro Studi che cosa fa oltre a organizzare – e del resto non è cosa da poco – il Premio De Ferrariis Galateo?
-Il Centro Studi Galatana, in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento a cui è legato da una convenzione ormai consolidata, è impegnato e prosegue una tradizione decennale di dibattiti culturali, presentazione di libri, workshop, con un programma di iniziative che rispondono ad un preciso progetto culturale che vuole tenere lo sguardo rivolto all’io nella sua ricerca ‘dentro e fuori’ di sé. È nato così il format CULTURA, INFORMAZIONE, SOCIETÀ. Incontri-Dibattito, sui temi della cultura, del lavoro, delle donne, sui problemi della comunicazione. Interlocutori sono docenti, intellettuali, operatori culturali, imprenditori, studenti, personalità variamente impegnate nel sociale, nell’economia, nella scuola, nelle istituzioni scolastiche, nel mondo della produzione e della cultura. L’orizzonte di queste iniziative è il Salento, nell’accezione geografica e storica della Terra d’Otranto.Per questo lo sguardo si allarga non solo alla provincia di Lecce ma anche alle province confinanti, e l’Università del Salento con i suoi professori e studenti rappresenta di fatto una cerniera culturale di queste realtà. Accanto all’impegno rivolto all’esterno, non secondarie sono le esperienze laboratoriali dove centrale è la narrazione di sé, attraverso le forme della scrittura, della musica, della fotografia e dell’arte in tutte le sue espressioni. Anche in questo caso sono nati i format Officine. Laboratorio foto-filosofico, De te fabula narratur, Parole e note. Narrazioni dell’Io. In prospettiva, desideriamo essere più vicino ai giovanissimi, mi riferisco ai ragazzi in età adolescenziale, essere per loro un punto di riferimento per realizzare progetti che nascano dalle loro esigenze. Non dobbiamo mai dimenticare che rappresentano il futuro, e per non cadere nella banalità delle frasi fatte è necessario agire, ma dal basso, a partire dall’ascolto e dal confronto.
-Per fare questa intervista siamo andati su internet e cliccando Galateo ci siamo imbattuti in un’altra iniziativa, di cui ho trascritto il titolo ‘’Premio internazionale Città del Galateo’’. Abbiamo capito subito che si tratta di un’altra cosa. Città del Galateo è una cosa, Premio De Ferrariis Galateo è un’altra, è così?
È vero. La confusione si genera automaticamente sul nome Galateo. Bisogna andare a fondo, come ha fatto Lei, e non fermarsi alla lettura cursoria delle notizie per capire che si tratta di due iniziative molto diverse.
-Ma non si ingenerano in questo modo equivoci, confusioni, sovrapposizioni? Come spiegarlo al lettore? Certo, la titolazione dei due premi non si dovrebbe prestare a equivoci. Ma, se ce lo può spiegare, quali sono i motivi di specificità che fanno la differenza tra le due iniziative? Su questo, il Web non contribuisce certo al chiarimento, registra solo le evidenze.
No, l’intitolazione è già diversa. Il Premio Antonio De Ferrariis Galateo intanto non è un premio letterario. Nasce a Galatone nel 1977 insieme all’Estate Galatea per volontà e merito di Vittorio Zacchino, allora presidente della Proloco di Galatone, e soprattutto studioso di storia patria e appassionato della figura di Antonio De Ferrariis, ma anche uno dei più attivi protagonisti in tutti questi anni della vita culturale cittadina.Il Premio ha avuto numerosissime edizioni – l’ultima con presidente ancora Zacchino fu quella legata al centenario del 2017, in apertura del convegno –, ed è ripartito con rinnovata energia dopo gli anni della pandemia, nel 2021, con premiati d’eccezione: Beatrice Stasi (presidente dei corsi di laurea in Lettere a Unisalento), Luciano Tarricone (docente di Campi elettromagnetici a Unisalento) e Caterina Manisco (restauratrice di beni culturali). Sono figure a tutto tondo, sposano la propria specifica professione e professionalità con i principi etici che generano benessere collettivo.
-Facciamo un passo indietro. Come si determina la scelta delle persone a cui conferire il Premio De Ferrariis Galateo? C’è un bando a cui si partecipa presentando le proprie opere, oppure i riconoscimenti maturano nell’ambito di un comitato scientifico che fa una rosa di nomi di eccellenze nei vari campi – umanistico e scientifico – su cui poi si decide?
Il Centro Studi Galatana con la nuova presidenza si è dotato di un regolamento del Premio che prevede un comitato promotore scelto tra i soci, un comitato scientifico esterno all’associazione individuato tra autorevoli esponenti per esempio del mondo dell’istruzione, del giornalismo, della sanità. Quest’anno ne hanno fatto parte Ginetta De Trane (docente di Lingua e Letteratura Latina presso l’Università del Salento), Adele Polo (dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Polo 1 di Galatone), Marialucia Sambati (Dirigente sanitario DIAVERUM Taranto e Grottaglie), Gianfranco Lattante (Responsabile redazione Salento de “La Gazzetta del Mezzogiorno”) e io come presidente del Premio.La commissione si esprime su una rosa di candidature presentate dagli stessi soci e scelta tra le eccellenze negli ambiti umanistico e scientifico legate al territorio, i talenti di cui si parlava prima. Tra i premiati è prevista una sezione speciale intitolata al fondatore del Premio e dell’associazione, un omaggio a Vittorio Zacchino e al suo impegno costante e tenace rivolto alla crescita culturale di Galatone. Quello del Premio è un regolamento in via di definizione che non esclude la possibilità di passare ad un bando pubblico e di avere cadenza annuale.
-A proposito dell’ambito umanistico e scientifico, nel corso degli ultimi mesi la rivista Beemagazine, diretta da Mario Nanni, anch’egli salentino come Lei, ha condotto un dibattito sulle ‘’due culture’’, a cui hanno partecipato insigni esponenti accademici, scrittori, sociologi: gli interventi saranno raccolti in volume che sarà pubblicato dalla Casa editrice Milella, e su quella base, a quanto mi hanno riferito, si svolgerà un convegno a Lecce sulle due culture, a cui gli altri parteciperà il Premio Nobel Giorgio Parisi. Il Centro Studi Galatana avrà modo di contribuire a questa iniziativa?
Ho seguito il dibattito su Beemagazine e conosco da vicino il progetto, anche perché Mario Nanni, che era nel comitato scientifico del premio edizione 2021, ha poi accolto il nostro invito ad entrare nel Centro Studi Galatana, di cui è subito divenuto preziosa presenza. Perciò, sì, saremo onorati di dare il nostro contributo al convegno, anche perché Dipartimento di Studi Umanistici e Centro Studi, in virtù della convenzione già richiamata, da anni collaborano proficuamente sul piano della divulgazione della ricerca scientifica e della formazione. Il convegno sulle due culture offrirà un’ulteriore prova del legame stretto e continuo tra l’Università e il territorio, in linea con gli obiettivi strategici d’Ateneo e con le finalità dell’associazione.
-Al dibattito sulle due culture ha partecipato anche un eminente salentino, che se non sbaglio è proprio di Galatone, il cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Il cardinale segue le vicende del Premio De Ferrariis Galateo?
S.E. il Cardinale Fernando Filoni è sempre rimasto legato alle sue origini, benché i gravosi impegni del suo ministero lo portino ad incontrare le comunità cristiane di tutto il mondo, oggi come Gran Maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme, a lungo come Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, e prima ancora come Nunzio apostolico, per esempio, nello Sri Lanka, in Giordania e Iraq, in Brasile, nelle Filippine. A Galatone ha voluto celebrare i 50 anni del suo sacerdozio, proprio dove aveva preso i voti nel 1970. Per l’edizione del Premio De Ferrariis Galateo del 2021 è stato ospite d’onore pregiandoci della consegna del premio per l’ambito umanistico alla prof.ssa Beatrice Stasi (quello scientifico al prof. Luciano Tarricone fu consegnato dal più autorevole rappresentante del mondo accademico salentino, il Magnifico Rettore Fabio Pollice).Mi piace ricordare un’altra occasione che lega Sua Eminenza a De Ferrariis Galateo, quando accolse il mio invito a partecipare al convegno del 2017 Antonio Galateo dalla Iapigia all’Europa con l’intervento di apertura su L’ultimo greco. Antonio Galateo tra Chiesa greca e Chiesa latina, che possiamo leggere nel volume degli atti (Lecce, Milella, 2019).
-Il Premio De Ferrariis Galateo, a parte il titolo che lo distingue, come abbiamo visto da altre apparentemente analoghe iniziative, ha un suo marchio di riconoscimento? Cioè: una statuetta, un sigillo, come avviene per gli altri premi? O cambia di volta in volta? Pensate a un marchio di riconoscibilità? Che cosa avete consegnato ai Premiati in questa ultima edizione? L’opera di qualche artista? Ce ne vuole parlare?
Privilegiare i talenti del territorio ha significato anche affidare ad un’eccellenza artistica il compito di creare le opere per il Premio. Così nel 2021 è stato scelto il pittore-scultore di Soleto Franco Baldassarre, l’artista che celebra il mondo ritualistico del Salento evocandone le radici attraverso la coralità come forma di esorcismo della solitudine. Nell’edizione appena conclusa, la scelta è ricaduta sul neretino Daniele Dell’Angelo Custode, scultore del Transmanierismo contemporaneo, che ha riprodotto in scala le sculture della collezione Equilibrio instabile.
Dopo queste esperienze decisamente positive, guidate da un principio che ruota intorno alle finalità del Premio, stiamo pensando ad una maggiore caratterizzazione dell’opera artistica, a questo punto ci stiamo orientando verso la realizzazione di un’opera ad hoc che sia un marchio di riconoscibilità, e non è escluso che a tal fine si possa indire un concorso pubblico.
-Ora una domanda più personale sulla studiosa: quali sono attualmente le sue ricerche?
Continuo a lavorare su Galateo, il convegno del 2017 ha dimostrato che la ricerca è ancora aperta e soprattutto è necessario giungere all’edizione critica di tutto il corpus galateano. Ma coltivo anche altri interessi, come il teatro umanistico e la letteratura e trattatistica termale, ambiti che aprono squarci sulla società del tempo.
-Riesce a conciliare la sua attività di studiosa, i tempi che deve dedicare all’insegnamento con i tempi che richiedono la conduzione del Centro Studi Galatana e l’organizzazione del Premio De Ferrariis Galateo?
Non posso nascondere che diventa sempre più difficile conciliare tutti questi impegni, anche perché l’Università non è solo ricerca e didattica. Questo era il compito che svolgevano i nostri professori universitari fino a pochi decenni fa e che io personalmente rimpiango non per una questione nostalgica, ma perché lasciava spazio per studiare e fare ricerca, che poi rappresenta la prima missione dell’Università. Oggi dobbiamo saper fare tutto e spesso anche i bravi burocrati. Per tornare alla sua domanda, la mia apertura all’associazionismo è stata per me una scoperta che tanto deve alla breve esperienza di assessora alla Cultura con incarico esterno, svolto dalla fine del 2015 alla metà del 2017 per la mia città, Galatone. Da allora non riesco a fare a meno di quella che in Università viene definita terza missione, ma che per me è divenuta una vera missione, la ricerca ha valore quando è condivisa e diviene occasione per interrogarci e educarci ad avere uno sguardo critico verso tutto ciò che abbiamo intorno, a partire dalla nostra piccola quotidianità.
-Visti i risultati ottenuti, credo che Lei debba essere soddisfatta e orgogliosa, anche se, immagino, Lei non è tipo da riposare sugli allori. Ma poiché, come si dice, non c’è rosa senza spine, le domando, e mi risponda sinceramente: a parte le difficoltà burocratiche incontrate e la scarsità di risorse, ha ricevuto critiche? E quali soprattutto pensa di non meritare perché ingiuste e infondate?
Per formazione sono abituata a guardare avanti, non so cosa siano i ‘riposi sugli allori’, intanto perché sono estremamente critica con me stessa (l’edizione del Premio non era ancora conclusa che già pensavo a miglioramenti che presto condividerò con i miei soci).E poi ci sono le critiche esterne che valuto solo quando sono costruttive. Per esempio, nell’associazione c’è chi mi rimprovera di avere una gestione monocratica, altri all’opposto mi ritengono fin troppo democratica: due visioni opposte, com’è possibile? È chiaro che il punto di osservazione è determinante nel giudizio. Io credo che sia facile parlare quando non si ha la responsabilità dell’agire.
-Potremmo dire che nella provincia questi fenomeni sono frequenti. Ma forse nel Meridione in generale. Se la può consolare, professoressa, le cito questo pensiero di Tomasi di Lampedusa nel ‘’Gattopardo’’, a proposito del Sud. Non ricordo esattamente le parole ma il pensiero è questo: nel Sud, la colpa più grave che non ti perdonano è soprattutto quella di fare.Perciò non se ne curi, complimenti e buon lavoro per altri nuovi importanti traguardi.