Sono passati trent'anni da quel 17 febbraio del 1992, quando l'esponente del Partito Socialista Italiano (Psi) Mario Chiesa, all'epoca Presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, fu arrestato in flagranza di reato mentre stava intascando una tangente. Quell'arresto fu il primo atto dell'inchiesta Mani Pulite, che portò alla luce Tangentopoli.
A coordinare l'inchiesta fu il pool di pm della Procura di Milano, capeggiata da Francesco Saverio Borrelli. Del team facevano parte anche il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio, i magistrati Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo, Francesco Greco.
I processi che seguirono travolsero l'intero mondo politico, causando il crollo dei partiti che facevano parte della Prima Repubblica e portarono ad episodi rimasti impressi nella memoria collettiva: dal cappio agitato in Parlamento dal deputato Luca Leoni Orsenigo fino al lancio delle monetine verso il Segretario del Psi ed ex premier Bettino Craxi nell'aprile del 1993 fuori dall'Hotel Raphael, nel centro di Roma.
Chiesa fu colto in flagranza di reato mentre stava ricevendo una tangente dall'imprenditore monzese Luca Magni, che, non volendo più pagare, lo denunciò. In accordo con il magistrato Di Pietro e con i Carabinieri, l'uomo entrò nell'ufficio di Chiesa portando con sè una valigetta con una parte di una tangente per un appalto che lo stesso Magni si era aggiudicato.
Craxi, impegnato con le elezioni politiche che avrebbero dovuto aver luogo durante la primavera del 1992, in un'intervista rilasciata alla Rai, definì Chiesa come un "mariuolo isolato che getta ombre su un partito che a Milano in 50 anni non ha mai avuto un amministratore condannato per reati contro la Pubblica amministrazione".
Interrogato, Chiesa svelò che il sistema di tangenti in realtà era esteso e vedeva coinvolti politici e partiti di ogni colore, in particolare quelli di governo, cioè la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano, e fece i nomi delle persone coinvolte.
Di Pietro continuò le indagini con il più stretto riserbo, mentre movimenti come la Lega Nord iniziarono ad intercettare l'indignazione popolare per avere voti. Alle elezioni, i vecchi partiti videro il dimezzamento dei consensi, mentre il Carroccio, anche attraverso lo slogan "Roma ladrona!", raggiunse risultati che andarono oltre ogni previsione. Partiti come la Dc non diedero molto peso alle conseguenze politiche di Tangentopoli, mentre altri come Bettino Craxi accusarono la Procura milanese di agire secondo un "preciso disegno politico".
Dopo le elezioni, molte persone, fra imprenditori e politici, furono tratte in arresto per corruzione. Il 2 settembre di quell'anno, l'esponente del Psi Sergio Moroni si suicidò, lasciando una lettera in cui dichiarava la propria colpevolezza, precisando che gli atti illeciti commessi andavano a favore del partito, e accusando il sistema di finanziamento ai partiti. Craxi, amico di Moroni, accusò la stampa e la magistratura, parlando di un "clima infame".
Prima di Moroni, ci furono i suicidi dell'ex Segretario del Psi di Lodi, Renato Amorese, e dell'imprenditore e Presidente dell'Ance Mario Majocchi, entrambi indagati a piede libero per le tangenti per l'Autostrada Milano-Serravalle.
Le inchieste, che coinvolsero politici noti a livello sia locale sia nazionale, andarono avanti, toccando anche Verona, Venezia, Reggio Calabria, Firenze, Varese, Ancona, Napoli, Parma e Roma. A dicembre, Craxi ricevette il primo avviso di garanzia, e il 12 gennaio del 1993, ci fu la prima richiesta al Parlamento di autorizzazione a procedere. Ciò portò Craxi alle dimissioni da Segretario del Psi, rassegnate a febbraio.
Sette ministri del governo, all'epoca guidato da Giuliano Amato, si dimisero perchè coinvolti in Tangentopoli.
Le inchieste fecero emergere un vero e proprio sistema di tangenti riguardanti l'aggiudicazione e la gestione degli appalti per strade, Autostrade, Aeroporti, carceri, metropolitane e vari Enti pubblici, tra cui Ferrovie dello Stato, Olivetti, Fiat, Enel, Eni e Poste Italiane.
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