Che Conte non sia (mai stato) un buon politico lo dimostra un fatto antico. Allorquando all’incipit del suo primo intervento in Parlamento, con a lato i suoi due dioscuri, Di Maio e Salvini, si rivolse ad entrambi dicendo: questo lo posso dire? Ahiahiahi! Un politico vero o non lo dice o lo concorda prima del suo intervento, se il ruolo rivestito dipende da uno dei due o da tutti e due.
Certo dai tempi del governo giallo verde (irripetibile, anche se in politica mai dire mai) di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Conte è di certo migliorato ma a non al punto di vincere anche l’ultima battaglia nella sfida con Renzi (e sono tre).
Si è addirittura pentito di essersi dimesso. E anche questo un politico non lo deve dire soprattutto nel momento in cui sta perdendo per ko la guerra che ha vinto, senza tema di smentita, l’ex presidente del Consiglio toscano, Conte, con l’operazione “responsabili- co(di)struttori” era pressocchè certo di vincere, anche perché si era legato mani e piedi ad altri dioscuri, Di Maio e Orlando, che gli avevano garantito il Conte-ter. Dopo aver per settimane scritto “avanti con Conte”, il bello qual è stato? Che Di Maio, pur dopo essersi affidato alle parole di Crimi (al quale non si dovevano far domande), dopo l’abbandono ignominioso di Carelli e la spaccatura del gruppo, continua a dire di essere con Conte, mentre Orlando, con l’appoggio interno di Franceschini, a dieci ore dall’ incarico a Mario Draghi, l’uomo serio che l’Europa ci invidia,si è già buttato nelle braccia dell’ex presidente della Bce, dimenticando tutto il recentissimo passato.
E perché è Draghi il futuro dell’Italia? Perche Mattarella, con durezza inusitata, e con lo sguardo di Colui che si era stancato di quelle che si sono rivelate le “chiacchiere” trinariciute di Pd,5 stelle, Leu era già dell’idea, poi divenuta reale, di chiudere quel teatrino imbastito dai peones dell’avvocato Conte.
E lo ha fatto, implicitamente, riconoscendo che Renzi, il leader del due per cento che conta, aveva ragione. Si era stancato l’ex presidente di non avere avuto risposte, di essere preso in giro sui problemi posti. E cioè: la disponibilità sul Mes, sul Reddito di cittadinanza, sui vaccini, sulla riforma della giustizia, sulla scuola, tanto per fare qualche esempio.
Problemi posti quando Renzi aveva decretato la rottura,e poi ripresi dal presidente Mattarella, dopo la rinuncia di Fico, poco prima di convocare Mario Draghi al Quirinale, per conferirgli l’incarico.
“L’avvocato ha giocato male – ha detto il senatore di Rignano- perché si vede che non è un politico. Perché mi hanno detto no su tutto? Adesso aspetto che Mattarella dia l’incarico a Draghi”.
Glielo aveva evidentemente proposto ed aveva convinto il presidente della Repubblica della bontà della scelta e, come si è visto, dell’apprezzamento del mondo.
Una cosa che non si comprende a fondo è il perché i sondaggisti diano solo lo zero virgola in più a Renzi mentre di Maio viene sempre considerato il leader del partito di maggioranza relativa. Renzi viene giudicato sui voti del futuro, Di Maio sui voti del passato.
Scartata, a questo punto l’ipotesi del voto, l’attesa è rivolta al governo di alto profilo chiesto da Mattarella a Draghi. Un uomo: si è finanche commosso quando ha accettato l’incarico. Solo allora ha parlato, pur potendolo fare quando sovente veniva tirato ballo. Avrebbe potuto farlo, ma non sarebbe stato l’uomo davanti al quale si sono inchinati Obama e la Merkel, non due consiglieri di Volturara e si inchineranno i cittadini e i politici italiani.
L’accusa a Renzi di aver fatto saltare il banco da chi viene se non da coloro i quali dovranno, a giusta ragione, stare con la coda tra le gambe, ma non per partito preso, se non per l’evidenza delle cose. In attesa che in tanti tirino le conseguenze, Zingaretti per primo, grazie a Renzi, avremo Draghi, l’uomo che ha salvato l’euro, alla guida del Paese da ricostruire, l’uomo che si commuove e fa venire il batticuore.
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