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Per Time, uno dei magazine oggi più autorevoli del mondo, e che nel gennaio del 2004 le dedica la sua prestigiosa copertina, Sandra Savaglio diventa di fatto il simbolo più autentico dell'emigrazione italiana oltre oceano di quell’anno. Ma soprattutto, questa giovane ricercatrice calabrese veniva raccontata e descritta come icona del Made in Italy nel mondo. Che in realtà era poi il mondo della ricerca scientifica, il mondo dell’Astronomia, il mondo dell’ignoto, dello spazio, della Via Lattea, delle stelle, dei pianeti, delle galassie. Ma era anche il mondo della sperimentazione e del futuro.
Noi non siamo mai stati così vicini a Marte, ma questo alla fine forse ci ha anche permesso di credere sempre di più alle tante “cose fantastiche” che gli studiosi del cielo ci hanno sempre raccontato. Ecco perché oggi torniamo a parlare della “Donna delle stelle”, “The queen of galaxies”, “La Regina delle galassie”, -gli americani per i quali lei lavorava la chiamano ancora così-, la scienziata italiana che giorno e notte osservava, studiava, seguiva e analizzava i segreti nascosti di centinaia di galassie diverse, e che da sette anni ormai è finalmente rientrata all’Università della Calabria dove, per i suoi alti meriti scientifici, le hanno dato una cattedra in fisica. Negli Stati Uniti, alla Johns Hopkins University di Baltimora (nello stato del Maryland) la protagonista della nostra copertina ha lasciato forte e indelebile il ricordo e l’immagine di una scienziata che con le sue ricerche ha contribuito a decodificare i misteri dell’universo, e gli americani non dimenticano mai chi ha lavorato bene per loro.
“Non posso certo essere io a dire quale sia il risultato più importante della mia carriera professionale, ma la ricerca che forse mi ha dato più soddisfazione di tante altre riguarda i miei studi di qualche anno fa sull’arricchimento chimico delle galassie distanti. In termini molto semplici, il nesso tra la quantità di elementi chimici che contengono e la massa contenuta in stelle. Subito dopo il Big Bang l’universo era composto esclusivamente da idrogeno, elio e soltanto piccolissime tracce di altri elementi chimici leggeri. I pianeti e tutto il resto degli oggetti celesti che osserviamo oggi, con la loro grande varietà di arricchimento chimico, si sono formati solo col trascorrere del tempo, e grazie alla fucina delle stelle. Bene, attraverso i telescopi abbiamo imparato che la quantità di un elemento chimico presente in una galassia, per esempio il ferro, ci racconta quanto hanno lavorato le sue stelle, e quale tra le galassie è quella più evoluta. È come guardarle in faccia e comprenderne il vissuto contando loro le rughe”.
Questa è oggi Sandra Savaglio, scienziata, astrofisica, docente universitaria e ricercatrice riconosciuta seguita e ammirata dal mondo scientifico internazionale. Segno zodiacale della Bilancia, quindi portata a vivere la sua vita in assoluta serenità e alla ricerca continua di un equilibrio che giovi al suo benessere fisico e psichico oltre che a quello degli altri, Sandra Savaglio è oggi una delle eccellenze italiane che ad un certo punto della sua vita, successivamente alla sua esperienza americana, ha deciso di lasciare il suo prestigioso istituto di ricerca in Germania per tornare a casa sua, in Calabria, nella sua Marano Marchesato, tra i vecchi ricordi di una infanzia dorata, mai dimenticata, fatta di coccole, e di affetti incontaminati che solo i “sud del mondo” sanno ancora conservare e preservare così bene. “Ammetto di avere avuto nella vita anche qualche momento di grande smarrimento. Ad un certo punto stavo per mollare tutto, questioni di cuore, fatti d’amore, ma per fortuna è stato solo un momento. Ai miei studenti sa cosa dico sempre? Guai a rinunciare ai propri sogni. Guai a perdere le opportunità che la vita vi riserva. Lo slogan che preferisco di più è “buttarsi a capo fitto nelle cose in cui davvero si crede. Poi un pizzico di fortuna, che non guasta mai, farà il resto. E l’altra certezza che oggi mi sento di poter dare ai miei studenti è strettamente legata alla Calabria. Ne sono certa, tra vent’anni questa terra sarà il posto più bello dell’universo. Naturalmente dipenderà anche dal modo come ognuno di noi parteciperà a questo grande progetto di costruzione del futuro, ma le risorse naturali, le bellezze paesaggistiche e il patrimonio storico che ci sono in Calabria la rendono davvero una perla rara del nostro pianeta”.
-Professoressa che effetto le fa sapere che una delle Barbie in commercio ormai negli stores di tutto il mondo è stata realizzata proprio su sua immagine e dedicata alla sua storia di scienziata?
“Ti ripeto quello che ho già risposto tempo fa alla redazione di “Wired”, un magazine scientifico di grande diffusione. Una multinazionale del giocattolo, come lo è oggi la Mattel, che produce soprattutto la famosissima bambola Barbie, ha sicuramente una grande responsabilità nel plasmare gli adulti del futuro. Oggi Mattel fa bambole che rappresentano un ampio spettro di categorie sociali e in questo il suo management dimostra una maturità fuori dal comune. Aver creato bambole che rappresentano le scienziate vuol dire mettere nelle mani di molte bambine un nuovo “role model”, che forse le aiuterà a fare le scelte più adatte per costruire il loro futuro. Per questo sono stata felicissima di avere “sponsorizzato” la decisione di Mattel, e ho sempre sperato di essere all’altezza della fiducia dedicatami. In tutta la mia vita io ho investito molto sulla diversità: sono una donna scienziata e sono tornata in Italia, in Calabria, a svolgere il mio lavoro quando avrei potuto farlo altrove”.
-Quali sono le sue grandi passioni?
“Adoro il deserto, con le sue dune, i suoi colori, i suoi spazi, le sue distanze enormi, il suo cielo limpido. Per questo adoro il Cile dove si trova il deserto più arido del pianeta, il Deserto di Atacama. Ma la città che forse mi ha fatto impazzire più di tutte le altre è stata la città di Sidney in Australia. Ricordo che quando ero lontana dall’Italia le cose che più mi mancavano della mia terra erano il cibo, il mare, le mie montagne, la Sila, a volte anche l’aria che si respira da noi, e che non ho più trovato da nessun’altra parte al mondo”.
-E la terra che invece lei ha amato quanto la sua Calabria?
“Sicuramente è la Germania la mia seconda vera terra del cuore. Se dovessi un giorno decidere di ricominciare la mia vita lontano dalla Calabria non avrei nessun dubbio, tornerei a vivere in Germania, a Monaco di Baviera. Sono i posti che ho adorato di più, e a cui rimarrò legata per sempre”.
La sua passione per l’astrofisica sboccia a 17 anni, dopo aver letto un libro di Isaac Asimov. “Quando ero piccola mi affascinavano molto i numeri, e l’analisi logica. Mi perseguitava la curiosità per tutto quello che mi circondava. Pensi che la mia insegnante delle scuole elementari mi chiamava "signorina perché". Da quello che mi ricordo, già da bambina sognavo di fare la scienziata. Se studi fisica o astrofisica, deve piacerti per forza la matematica. La natura ci regala spontaneamente quadri meravigliosi. Solo nella nostra galassia ci sono circa 200 miliardi di stelle e in tutto l’universo ci sono centinaia di miliardi di galassie: la matematica è l’affascinante strumento che permette di comprendere il tutto”.
Dopo le medie, il liceo scientifico, e da qui poi la grande avventura universitaria di Sandra. “La cosa che credo sia stata determinante nella vita è aver incontrato dei bravi insegnanti in materie scientifiche. Questo alla fine mi ha convinto, ma anche aiutato, a fare una scelta che tutti quelli che avevo intorno consideravano coraggiosa, e cioè studiare fisica all'università. In molti, ricordo, mi dicevano che sarebbe stato difficile, ma io ci ho creduto e alla fine è stato facile perché mi piaceva quello che studiavo. Oggi non posso non riconoscere che sia stata la scelta migliore che potessi mai fare”.
A volte nella vita di ognuno di noi ci sono rapporti ombelicali così forti con i propri insegnanti che non si recidono mai. Così è stato per Sandra. “Con il mio professore di Fisica del liceo, Ottavio Serra, ormai più che ottantenne, ci sentiamo ancora di tanto in tanto, anche di recente dopo l’ultimo mio libro. In realtà io e lui non ci siamo mai persi di vista. Lui era un vero maestro d’altri tempi, molto preparata e molto capace nel suo mestiere, una persona del tutto speciale e fuori dal comune. Ma non posso non ricordare un altro grande mio maestro. Quando nel 1990 iniziai a lavorare alla mia tesi di laurea mi consigliò di fare un’esperienza all’estero. Mi disse “Se impari qualcosa che qui non facciamo, un giorno magari sarà più facile tornare”. Era il professore Pierluigi Veltri, uno dei fondatori del dipartimento di fisica dell’Università di Arcavacata, dove io ho studiato e per la quale oggi lavoro. Sono tornata a casa dopo 24 anni, e lui adesso sfortunatamente è andato in pensione, una grande perdita, anche se comunque conserva un ufficio e spesso si fa vedere”.
Ma complice di questo straordinario mosaico della vita di Sandra è stato anche suo padre, e con lui tutto il resto della sua famiglia. “È vero, la mia famiglia mi ha aiutato tanto. Mio padre è sempre stato un amante della matematica. Ricordo benissimo quando -io ancora bambina- mio padre si prendeva la briga di insegnare la matematica a tutti i ragazzi del paese che durante i mesi estivi avevano bisogno di ripetizioni, cosa che lui faceva assolutamente gratuitamente. E per questo tutti lo apprezzavano. Dei miei compagni di infanzia io ero l’unica che in realtà non ho mai preso lezioni da lui, ma forse perché io non avevo nessuna difficoltà con la matematica. Invece, non mi piaceva tanto il latino, facevo il minimo indispensabile con l’italiano, insomma non ero la secchiona di turno. L’altra vera fortuna della mia vita è stata poi l’appoggio che ho avuto da parte dei miei genitori per le mie scelte. Mai un’obiezione, mai una resistenza, mai un dubbio o una riserva su quello che erano allora i miei primi progetti di vita e di lavoro”.
La sua storia professionale e accademica non conosce défaillance. La sua vita è un andirivieni di incarichi, di impegni, di progetti di ricerca, di viaggi all’estero, di missioni e di lavori di grande prestigio, soprattutto di respiro sovranazionale. Marano Marchesato per lei diventa la “sua” Itaca, ma sempre più lontana, e così anche la Calabria. “Ricordo che la mia prima “trasferta” all’estero fu mentre preparavo la tesi di laurea, avevo appena 22 anni, e sono andata ad un istituto internazionale vicino Monaco di Baviera. Poi di nuovo per il dottorato di ricerca, svolto in parte ad Arcavacata e in parte in giro per il mondo, Germania, Francia, Australia, il Chile, poi conseguito nel 1995”.
Un dottorato in fisica ottenuto giovanissima presso l’Università della Calabria, dunque, un salto di qualità senza tempo e senza paragoni per una donna nata e cresciuta in Calabria. “Tra il 1996 e il 1998 sono stata Fellow presso lo “European Southern Observatory” vicino Monaco di Baviera, sotto la direzione dal Premio Nobel per la Fisica Riccardo Giacconi. Tra il 1998 e il 2006, Fellow per l’ESA (European Space Agency) presso lo “Space Telescope Science Institute” e Senior Research Scientist alla “Johns Hopkins University”, a Baltimora, nel Maryland. Ma nel mezzo ho avuto una breve esperienza come ricercatrice presso l’Osservatorio Astronomico di Roma, posizione che ho lasciato molto presto per tornare, appunto, negli States. Poi nel 2006 mi sono tornata in Germania, all’Istituto “Max-Planck per la Fisica Extraterrestre” a Garching, ancora una volta vicino a Monaco, nel polo europeo di maggiore valore nel campo dell’astrofisica. Qui sono rimasta fino al 2014”.
Astrofisica ormai amatissima e apprezzata in tutto il mondo, Sandra Savaglio si specializza in diversi settori emergenti che però le daranno immense gratificazioni accademiche, l’astrofisica delle “galassie distanti”, dell’arricchimento chimico dell’universo e dei fenomeni esplosivi, e diventa in queste materie una scienziata di valore riconosciuto nel mondo, con oltre 200 pubblicazioni sulle riviste internazionali più accreditate del settore. L’esperienza americana di Baltimora segna profondamente la sua vita, perché la mette a diretto contatto con una realtà universitaria e accademica ben lontana da quella italiana ed europea, che già Sandra conosceva abbondantemente bene.
“Vede, ciò che fa la differenza tra l’America e l’Italia non sono né l’esperienza, né l’età, né i gradi, ma esclusivamente la tua capacità di lavorare e di saper raggiungere gli obiettivi preposti. E poco altro. Ho capito che se ci si impegna tanto, si può fare molta strada, cosa che in Italia sfortunatamente non è per niente ovvia. Anzi, delle volte ci si sacrifica tanto, si lavora il doppio, per poi finire soli e abbandonati. In America invece alla fine la bravura e il talento finiscono per essere riconosciuti, indipendentemente da dove vieni, anche se sei straniero. Ecco, chi ha il coraggio di buttarsi e di mettersi alla prova, alla fine finisce per essere ripagato. Abbiamo molto da imparare ancora dalla scuola americana, mi creda”.
Già, è la grande scuola americana, che Sandra ha poi avuto modo di conoscere dal di dentro e in maniera molto approfondita. “Mi creda, è inconfutabile che gli Stati Uniti aprano le porte al talento e alle capacità dei giovani ricercatori di tutto il mondo. Per i grandi progetti americani non interessa tanto da dove arrivi, e come ci sei arrivato. Se sei bravo, e tu ti dai da fare, quel Paese ti dà i mezzi per dare il meglio di te stesso e ti riconosce il lavoro che svolgi senza nessuna mediazione. Non è molto diverso in Germania, ho lavorato anche lì molto bene”.
-Ma perché l’America? Perché Baltimora, e prima ancora perché Monaco di Baviera?
“Perché ho capito molto presto che se avessi voluto esaudire il mio desiderio di diventare scienziata, avrei dovuto andare in giro per il mondo a imparare il mestiere, fare esperienza, partecipare a conferenze internazionali, incontrare gente ed entrare nella rete dei grandi progetti. Mi rendo conto che forse non è quello che la gente vuole sentire, ma ai nostri ragazzi va detto con estrema chiarezza che questo è il destino del ricercatore, i confini politici non esistono, il mondo della scienza è globale. Per cui, il concetto di fuga di cervelli ha bisogno di qualche parola di chiarificazione: lasciare il proprio paese per inseguire questo sogno non è di per sé sbagliato, anzi, è necessario e succede anche ai giovani di altri paesi. L’aggravante in Italia, però, è che il nostro paese è poco attrattivo per gli stranieri, non offre quello che offrono la Germania, il Regno Unito, l’Olanda o la Francia. Mi duole dirlo, ma la cosa più grave in Italia non è la fuga di cervelli, ma la mancanza di circolazione di cervelli”.
“Così l’Europa perde le sue stelle della scienza”. Il 14 gennaio del 2004 la sua foto in primo piano appare con questo titolo forte sulla copertina della rivista americana “Time” come simbolo della fuga dei cervelli europei negli Stati Uniti. Un’emozione che non è più solo di Sandra Savaglio, ma che investe in maniera frontale il resto del mondo. Una ragazza italiana che nessuno conosceva prima d’allora diventa per un momento la star della ricerca scientifica internazionale. Copertina bellissima, di grande impatto mediatico, da cui trasuda tutta la fierezza di questa giovane donna italiana che scruta le stelle e che sa quasi tutto dell’universo. Il magazine americano farà il giro del mondo, e per Sandra Savaglio si aprono scenari impensabili e inimmaginabili fino a quel momento. “All’epoca abitavo e lavoravo alla Johns Hopkins di Baltimora. Ricordo che prima mi ha chiamato un giornalista da Londra per intervistarmi. Poi successivamente mi hanno telefonato da New York per comunicarmi che avrebbero mandato un fotografo a Baltimora per la copertina. Al momento sono rimasta completamente spaesata, quasi smarrita, non avevo percepito la vera portata di quel progetto editoriale. Apprendere la notizia che sarei finita sulla copertina di Time è stata per me una grande sorpresa. Ovviamente ne sono stata molto felice”.
Da ogni parte d’Europa arrivano a Sandra attestati di felicitazioni, e inviti ufficiali a partecipare ai grandi congressi internazionali, ma col tempo arrivano anche i primi premi importanti legati alla sua carriera brillantissima. “Premio Internazionale Pitagora”, “Premio Calabria nel mondo”, “Premio Made in Calabria”, “Premio Prime Donne”, “Premio Frescobaldi”, “Premio Vittorio De Sica”, e tantissimi altri ancora. Così come non si contano le manifestazioni ufficiali a cui la scienziata italiana viene invitata per parlare delle sue ricerche.
Tra le mille soddisfazioni accademiche conquistate sul campo, Sandra ne porta a casa una di cui va particolamente fiera. E’ la nomina a far parte delle commissioni scientifiche internazionali che decidono dell’uso dei telescopi più potenti del mondo. Tra questi c’è naturalemte anche il “Telescopio Spaziale Hubble”, uno strumento che porta il nome dell'astronomo americano Edwin Hubble, uno dei Grandi Osservatori della NASA, assieme al Compton Gamma Ray Observatory, il Chandra X-ray Observatory e il Telescopio spaziale Spitzer.
La lezione di Sandra Savaglio potrebbe andare avanti per ore, nessuno immaginerebbe mai di interromperla, ma la verità è che questa ragazza dai capelli biondi e dal sorriso coinvolgente ti dà l’illusione di essere diventato, per un giorno almeno, protagonista del grande sistema planetario che ci sovrasta e ci osserva. “Sì, vero, il vecchio telescopio Hubble è considerato il più importante nella storia dell’umanità, dopo quello usato da Galileo nel lontano 1609. Lavora dal 1990, gira fuori dall’atmosfera ad un’altitudine di circa 540 km sopra le nostre teste, alla velocità di più di 7 km al secondo, ed è in grado di darci informazioni e dettagli scientifici mai possibili prima d’ora. Parliamo di un’impresa e di un progetto davvero straordinari, al di sopra di ogni aspettativa. E dico “Vecchio”, anche perché è di questi giorni la notizia del lancio nello spazio del suo successore, il Telescopio Spaziale Hubble, andato in orbita proprio il giorno di Natale. Da questo nuovo strumento ci aspettiamo grandi scoperte, che riguardano il passato dell’universo e anche la possibile esistenza di pianeti abitabili simili alla Terra”.
Alla fine del 2013 la grande svolta della sua vita. La giovane scienziata calabrese riceve la chiamata diretta dall’Università della Calabria, come Professore Ordinario presso il Dipartimento di Fisica. “E’ esattamente così. Un giorno ricevo questa richiesta di rientrare al dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria, dove avevo iniziato la mia avventura da scienziata più di venti anni prima. Devo dire francamente che non me lo aspettavo. Ma ho spedito il mio curriculum, e dopo un anno e mezzo mi hanno richiamata. Era un momento molto particolare per me. Stavo valutando seriamente l’idea di lasciare l’istituto Max Planck dove mi trovato per andare a lavorare a Parigi. Ma non potevo rinunciare ad una cattedra da professore ordinario nella terra dove ero cresciuta. Mi sono convinta da sola che avevo vagato abbastanza in giro per il mondo, e che era arrivato ormai il momento giusto per tornare a casa”.
-Soddisfatta? Felice di questa scelta?
“Sono passati diversi anni ormai, e sono pienamente felice della scelta che ho fatto. Per mille motivi diversi. Il cibo, il clima, la componente umana, l’ambiente sociale tutto intorno. Oggi ho il privilegio di lavorare in un ateneo che contribuisce in maniera determinante alla crescita dell’intera regione, del Paese e del mondo. I laureati dell’Unical oggi sono professionisti affermati ovunque. Un contesto internazionale molto alto, che dovrebbe essere raccontato di più, sfortunatamente, e immeritatamente, lontano dai grandi riflettori. Tornare a casa non è stato assolutamente fare un passo indietro. Io oggi lavoro in una delle grandi Università italiane, vissuta e frequentata da circa 27 mila studenti, un campus all’americana molto attivo e unico nel suo genere. Un Campus universitario dove portiamo avanti grandi progetti scientifici, ma che dove spesso e volentieri dobbiamo anche fare i conti con alcune criticità ataviche e pesanti comuni a tutta l’Italia”.
Sandra Savaglio educata alla cultura americana e cresciuta nelle grandi scuole tedesche, connessa in continuazione oggi con tanti istituti e università di punta nel mondo, non riesce ancora a capire per esempio il perché, nel terzo millennio, tanti scienziati italiani bravissimi come lei debbano, alla fine dei conti, scontrarsi e sprecare inutilmente tempo prezioso con una macchina elefantiaca che si chiama “burocrazia”. “Burocrazia, sembra quasi una brutta parola. In realtà è un mostro che condiziona negativamente la vita della ricerca. È come avere una palla al piede che condiziona movimenti e iniziative di ogni genere. Insomma, ogni giorno si perde tempo dietro operazioni stupide, e tutto questo è un danno enorme che si fa al Paese. L’ho già detto mille volte in questi anni, l’Italia spende tanto denaro per preparare gli scienziati, e lo fa ottimamente, e poi parte di quel sapere viene perso, non viene sfruttato al meglio, perché ci tocca riempire carte inutili”.
Sono almeno 400 mila oggi gli scienziati europei che vivono attualmente negli Stati Uniti. Il paradosso è che l’Europa necessita ancora di almeno 700 mila ricercatori entro il 2022. E se la situazione non cambia -assicurano gli esperti- la tendenza si rafforzerà in negativo nei prossimi anni. Il che vuol dire che di strada in avanti in Italia ne abbiamo ancora tanta da percorrere.
-E’ vero che il vero grande sogno di Sandra Savaglio rimangono le galassie?.
“Sì, vero. Lo studio delle galassie lontane è ciò che mi ha dato più soddisfazione. In particolare, quelle che ospitano le esplosioni stellari. Da alcuni anni io sono molto attiva in questa branca. Ma ho sempre creduto anche nella necessità di promuovere in senso più generale la scienza, andando nelle scuole, parlando con i giovani, incoraggiando soprattutto le ragazze che vogliono dedicarsi a questo lavoro. Sa cosa ho capito in tutti questi anni? Che le donne tendono a credere poco nei propri mezzi, e vanno per questo molto incoraggiate. Perché in realtà esse sono una grande risorsa professionale, e non lo sono certo solo davanti ai fornelli di casa propria”.
Nel febbraio del 2020, l’altra grande svolta esistenziale della nostra scienziata calabrese, che questa volta viene chiamata a far parte della Giunta Regionale guidata da Jole Santelli, prima Presidente donna della Regione Calabria. Un mese più tardi, maggio del 2020 entra a far parte anche del Consiglio Scientifico dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’ennesimo riconoscimento importante della sua vita.
Sandra–l’astrofisica, ad un certo punto del suo percorso professionale, diventa dunque Assessore alla Ricerca Università e Istruzione della regione.
Dalla ricerca applicata alla politica, dalle tesi “impossibili da sostenere sulla teoria dell’universo” alla Cittadella Regionale, dalla luce primordiale e incontaminata di stelle lontane, alla macchina organizzativa di una Regione che è ancora fanalino di coda dello sviluppo europeo. Ma si vede che Jole Santelli con lei deve essere stata molto convincente se alla fine Sandra non si è tirata indietro. Un’avventura sfortunatamente interrotta sul più bello, per la prematura scomparsa della Presidente Jole Santelli. Comunque, una sfida nella sfida. Per Sandra Savaglio, forse, anche l’ennesima provocazione culturale a sé stessa, che per un anno e mezzo lascia la cattedra universitaria per affrontare temi situazioni e protagonisti completamente diversi da quelli che per anni aveva frequentato e conosciuto prima. Un mondo totalmente nuovo e sconosciuto per lei. Per un anno e mezzo, Sandra scopre e tocca con mano una realtà molto lontana da quella di una scienziata del suo spessore.
“Durissimo il mio primo impatto con la Cittadella regionale di Germaneto. Ricordo di aver portato con me il mio portatile, ho chiesto le password per la connessione, ma la risposta laconica che ne ricevetti mi lasciò quasi interdetta. “Niente wireless qui. Ma come? Anche il Mc Donald’s sotto casa ha la rete, e a Germaneto no’? Mi spiegarono che c’erano in ballo “questioni di sicurezza informatica”, ma francamente non capii mai il senso di questa giustificazione. Ho saputo dopo invece che i magazzini sotto erano pieni di router, mai installati. Me ne sono fatta montare uno apposta per me. Ora per fortuna hanno montato i router in tutto il palazzo. Ma come si fa a parlare in queste condizioni di agenda digitale?”.
-Ma cosa c’è in realtà dietro il successo così coinvolgente di questa donna calabrese, così affascinante e così delicata nei lineamenti e nelle movenze del corpo?
“C’è tantissimo lavoro. C’è una vita interamente dedicata alla causa. C’è una passione insana per la scienza e per la ricerca. Ecco cosa è stata la mia vita. Un insieme di conquiste e di sacrifici, un misto di gioie e dolori, un frullatore di emozioni e di inciampi, di attese e di rinunce, di ripartenze e di addi, di momenti di piena euforia e di grandi isole di solitudine”.
Eccolo il decalogo ideale di Sandra Savaglio, da lei espressamente dedicato qualche anno fa alle lettrici di “Io donna”.
- “Siate voi a decidere. Non lasciatevi condizionare dall’idea che la scienza sia un terreno di gioco precluso alle donne. Se lo desiderate, rimboccatevi le maniche e intraprendete questa strada. Considerando, tra l’altro, che le lauree in discipline scientifiche sono quelle che offrono maggiori sbocchi professionali.
- “Siate tenaci.
- “Abbiate fiducia in voi stesse e credete nei vostri mezzi.
- “Non temete di sbagliare.
- “Per fare ricerca ci vuole testardaggine, disciplina, capacità di accettare gli errori e di rialzarsi per andare avanti. Sbagliando si impara. E si cresce.
- “Imparate a osare.
- “Nella scienza si fanno salti nel vuoto, intraprendendo percorsi ancora poco battuti, facendo scelte considerate audaci. Siate coraggiose, sappiate osare e sognare.
- “Seguite i vostri sogni.
- “L’unico modo per avere successo è seguire i propri sogni, con impegno e determinazione.
- “Non vi dico né di lasciare la vostra terra né di rimanerci, vi dico soltanto di puntare in alto, di non farvi frenare dagli stereotipi e dai pregiudizi: non siete inferiori a nessuno, non siete studenti di serie B”.
Nel 2018, Sandra pubblica per la Mondadori il suo primo libro di divulgazione scientifica dal titolo “Tutto l’universo per chi ha poco spazio-tempo”, finalista del Premio Galileo (Padova 2019), che vi consiglio di andare a cercare in libreria e di regalare ai vostri ragazzi e ai vostri amici più cari per Natale. Soprattutto perché aiuta a sognare. Per Sandra Savaglio è l’ennesimo riconoscimento ufficiale della sua grande qualificazione professionale, del suo genio e del suo talento. Lei lo racconta in questo modo. “Quello che state per leggere non è esattamente un libro di astronomia nel senso classico, intesa come la branca della scienza che osserva le stelle nel cielo: quanto sono brillanti, quanto sono vecchie, dove si trovano l'una rispetto all'altra, in quali costellazioni sono raggruppate. È invece un libro sull'universo - nel senso più pieno di insieme 'tutto intero' di ciò che esiste - dove le stelle sono solo una parte piccola, ma piccola davvero, del tutto. Un universo visto e interpretato attraverso le leggi della fisica”. Ma non solo questo. C’è ancora dell’altro. “È un libro che racconta quello che sappiamo del mondo in cui viviamo e di quanto ci circonda, della sua origine e della sua storia, di come è arrivato a essere ciò che è oggi e di che cosa diventerà in futuro. Parlerò dei progressi fatti dalle nostre conoscenze, in particolare nell'ultimo secolo, dedicando buona parte di queste pagine ai risultati degli ultimissimi anni, se non di questi giorni. Ma non trascurerò di soffermarmi sulle cose che ancora non sappiamo, che sono sempre e comunque molte di più di quelle che conosciamo. Tutto l'universo per chi ha poco spazio-tempo è l'eccezionale creazione editoriale di una delle menti che il mondo scientifico ci invidia”.