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Referendum sull’Autonomia Differenziata: una mancata conferma che smaschera le falle della legge Calderoli.
Referendum sull’Autonomia Differenziata: una mancata conferma che smaschera le falle della legge Calderoli.
La decisione della Consulta di non autorizzare il Referendum abrogativo della legge Calderoli in merito all’Autonomia Differenziata, appare a molti una forzatura per impedire il diritto di espressione del popolo italiano sul tema referendario, specialmente in riferimento all’affermazione, non chiarita, che “il Referendum abrogativo avrebbe avuto un fine poco chiaro e si sarebbe trasformato in un <sì> o in un <no> all’Autonomia Differenziata, principio che però è già in Costituzione e per essere espunto necessiterebbe di una revisione della carta”.
Ma è chiaro a tutti che la legge Calderoli è di attuazione dell’Autonomia Differenziata, e un referendum su una legge di attuazione non potrebbe mai inficiare in alcun modo il principio contenuto nella Carta Costituzionale, che appunto è modificabile unicamente con le procedure previste dalla Costituzione.
Sarebbe stata forse più significativa una analisi della Consulta sui contenuti di una legge di attuazione priva di previsioni di spesa, rinviati furbescamente all’attuazione delle “Intese”, al riparo dai controlli del Parlamento, che a fronte di decine di possibili e corrette attuazioni dell’Autonomia Differenziata, non a caso ha visto privilegiare un criterio per ottenere il trasferimento della quasi totalità del residuo fiscale dallo Stato alle Regioni ricche, infischiandosene di cancellare tutti i principi di sussidiarietà, solidarietà, uguaglianza dei diritti tra i cittadini italiani, oltre che dell’equilibrio del Bilancio dello Stato.
Più convincente appare la osservazione che la Consulta si era già pronunciata sulla legge Calderoli, evidenziando ben 7 profili di incostituzionalità, tra cui la gestione dei LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) di fondamentale competenza del Parlamento, oltre alla interpretazione in modo costituzionale orientato di ben altre cinque previsioni della legge, tra cui il potere di emendamento delle Camere sulle Intese, i limiti alle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, e l’esigenza che al momento della conclusione dell’Intesa, e dell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto del quadro generale della Finanza Pubblica, degli andamenti del ciclo economico e del rispetto degli obblighi eurounitari.
La sentenza della Consulta del 14 novembre 2024, ha quindi posto un fermo chiarissimo alla legge Calderoli, che è stata totalmente smantellata, come conferma il neo Presidente della Consulta Amoroso, che non solo precisa l’esigenza che sia il Parlamento a definire i LEP, ma che intervenga anche per le materie non LEP, perché è evidente che c’è da ricostruire questa fase, che è a fondamento di tutto l’impianto della legge per l’attribuzione di specifiche funzioni di materia.
Ecco perché la mancata conferma del Referendum abrogativo dell’Autonomia Differenziata non è un male per almeno due motivi, il primo perché malgrado l’evidente adesione alla raccolta firme in tutto il Paese per l’abrogazione della legge, il raggiungimento del quorum per ottenere questo risultato sarebbe stato estremamente complicato e, in caso di sconfitta, immancabilmente i sostenitori dell’Autonomia avrebbero strumentalizzato il risultato, al fine di svuotare anche la sentenza del 14 novembre 2024 e tornare al testo originario; e il secondo motivo perché la sentenza è più che chiara ed esaustiva negli obiettivi di smantellare totalmente l’impostazione della norma con buona pace di Calderoli, Zaia e quanti altri sostengono che “basterà qualche modifica del parlamento per soddisfare le decisioni della Corte Costituzionale”.
Il ministro Calderoli, che ha tirato un respiro di sollievo per la mancata approvazione del referendum, ed ha detto che “finalmente potrà lavorare in pace senza più avvoltoi che gli girano sopra la testa” dovrebbe prendere atto che nella vicenda che egli ha creato, il primo a meritare il riconoscimento di avvoltoio oggettivamente è proprio lui, perché non ha pensato ad una legge sull’Autonomia differenziata, ma unicamente ad un modo per dirottare decine di miliardi di risorse erariali dallo Stato alle Regioni Ricche, con tenace rapacità, e mentendo più volte sulle reali conseguenze della norma e, dopo la sentenza di novembre, insistendo sulla sostanziale minimizzazione delle decisioni della Consulta, secondo lui facilmente superabili. Perché non lo sono.
E’ infatti del tutto strumentale fare dichiarazioni del tipo “andiamo avanti e portiamo a compimento l’Autonomia Differenziata”, cercando di nascondere la polvere sotto il tappeto, laddove la sentenza della Consulta chiarisce a caratteri cubitali, il rispetto dei principi dell’Unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, la corretta gestione paritaria dei LEP, l’obbligatorietà dell’equilibrio di bilancio e del rispetto del principio di sussidiarietà, tutte cose che nell’attuazione di come è stata impostata la legge Calderoli sarebbero state definitivamente cancellate, con la conseguenza dell’implosione del Paese, Nord compreso, distrutto da una norma egoista e incostituzionale.
*Presidente dell’Associazione
Europa Nazione